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Sallustio: Catilina si difende in Senato dalle accuse di Cicerone



Versione di Sallustio: Catilina si difende in Senato dalle accuse di Cicerone, da 'Lingua nostra', di Giuseppe Grasso.
 
 
 
At Catilinae crudelis animus eadem illa movebat, tametsi praesidia parabantur et ipse lege Plautia interrogatus erat ab L. Paulo. Postremo dissimulandi causa aut sui expurgandi, sicut iurgio lacessitus foret, in senatum venit. Tum M. Tullius consul, sive praesentiam eius timens sive ira conmotus, orationem habuit luculentam atque utilem rei publicae, quam postea scriptam edidit. Sed ubi ille adsedit Catilina, ut erat paratus ad dissimulanda omnia, demisso voltu, voce supplici postulare a patribus coepit, ne quid de se temere crederent: ea familia ortum, ita se ab adulescentia vitam instituisse, ut omnia bona in spe haberet; ne existumarent sibi, patricio homini, cuius ipsius atque maiorum pluruma beneficia in plebem Romanam essent, perdita re publica opus esse, cum eam servaret M. Tullius, inquilinus civis urbis Romae. Ad hoc maledicta alia cum adderet, obstrepere omnes, hostem atque parricidam vocare. Tum ille furibundus: 'Quoniam quidem circumventus', inquit, 'ab inimicis praeceps agor, incendium meum ruina restinguam.'
 
 
 
 
 
                                                                TRADUZIONE
 
 
 
 
 
Ma l'animo crudele di Catilina cogitava le medesime macchinazioni, quantunque venissero apprestati i presidi, e, in conformità alla legge Plautia, egli stesso fosse stato messo sotto processo ad opera di Lucio Paolo. Infine, nel tentativo di dissimulare la congiura o di discolparsi, così come fosse stato indotto ad un alterco, si presentò in Senato. Dunque Marco Tullio, nelle sue funzioni di console, temendo da un lato la sua presenza e dall'altro in preda all'indignazione, tenne un'orazione notevole e di giovamento allo Stato, che in seguito divulgò in forma scritta. Tuttavia, non appena quello prese posto, Catilina, quasi fosse pronto a dissimulare ciascuna questione, con il capo chinato e la voce supplichevole, principiò a domandare ai senatori di non farsi beffare da false accuse rivolte nei suoi confronti (lett: di non credere alla cieca qualcosa di lui): nato da quella celebre famiglia, egli aveva trascorso l'esistenza di modo da poter sperare ogni bene: e che non stimassero che per lui, uomo patrizio, del quale e dei cui antenati innumerevoli si contavano i meriti all'indirizzo del popolo romano, fosse d'uopo la rovina dello Stato, quando a conservarne l'integrità ci pensava Marco Tullio, cittadino occasionale della città di Roma. Giacchè aggiungeva inoltre altre infamie consimili, tutti quanti presero a strepitare, e lo appellavano 'nemico', nonchè 'assassino'. Sicchè quello, furibondo, dichiarò: 'Poichè, di certo circondato, sono trascinato nell'abisso da avversari, estinguerò il mio incendio con la rovina'.
 
 


                                                                                         
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