Dell'anima vi è una parte priva di ragione, l'altra ragionevole. Se esse siano distinte come le parti del corpo e come ogni cosa divisibile oppure se, 2 idealmente, siano parti inseparabili per natura non importa punto al presente. Della parte priva di ragione l'una é simile alla comune e alla vegetativa, dico quella che è causa del nutrirsi e del crescere. Giacché una siffatta facoltà dell'anima si potrebbe mettere in tutti gli esseri che si nutrono e anche negli embrioni. La virtù dunque di questa facoltà appare comune e non propria dell'uomo. Infatti tale parte è tale facoltà sembra essere attiva specialmente nel sonno. Ma l'uomo virtuoso e il malvagio non si discernono affatto nel sonno, per la qual cosa dicono che per una metà della vita i felici non differiscono punto dai miseri. E ciò accade naturalmente: Infatti il sonno è una inerzia dell'anima in quanto essa si dice valente o dappoco. Anche la parte priva di ragione sembra essere di due specie: infatti quella vegetativa non partecipa affatto di ragione, invece quella che ha facoltà di bramare e in genere di appetire ne partecipa in certo modo, poiché le dà ascolto e obbedisce ad essa. E che in qualche modo obbedisca alla ragione la parte che ne è priva lo dimostra anche l'ammonimento e ogni rimprovero ed esortazione. E se conviene dire che anche questa parte ragionevole, allora sarà duplice altresì la parte ragionevole, l'una sovranamente e in sé stessa, l'altra come qualcosa che obbedisce al padre. Anche la virtù si distingue in base a questa differenza; diciamo infatti che alcune tra le virtù sono dianoetiche, la libertà e la temperanza etiche. Parlando infatti attorno al costume di qualcuno non diciamo che è sapiente o intelligente, ma che è mansueto o temperante; lodiamo poi anche il sapiente riferendoci all'abito; e diciamo virtù quelli fra gli abiti che meritano di essere lodati.