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Pericle spiega la necessità della guerra del Peloponneso

Versione greco tradotta di Tucidide

 


Παρελθών Περικληϛ ό Ξανθίππου ανήρ κατ΄εκεινον τόν χρόνον πρωτος Αθηναίον λέγειν….

Traduzione

Presentatosi Pericle, figlio di Santippo, che era a quei tempi il più ragguardevole fra gli Ateniesi, abilissimo nel parlare e nell’agire, così consigliò; “Io, o Ateniesi, mi attengo sempre alla stessa opinione, di non cedere ai Peloponnesiaci, pur sapendo che gli uomini non con lo stesso ardore s’inducono a far guerra e poi in atto combattono, ma conformemente alle vicende si mutano anche nelle loro opinioni. E vedo che anche ora debbo consigliare cose uguali o simili e stimo giusto che quanti tra voi si lasceranno convincere vengano in aiuto alle deliberazioni prese di comune consenso se in qualche cose non riusciamo bene, ovvero, se saremo fortunati, non ascrivano a loro vanto le sagge deliberazioni. E’ possibile infatti che il corso delle cose proceda non meno incomprensibilmente che le opinioni dell’uomo; e per questo siamo soliti accusare anche la fortuna di quante cose succedano contro l’intenzione. E’ evidente che gli Spartani anche in passato ci tendevano insidie e ora più che mai. Giacché, pur essendo stato convenuto di concedere e di subire scambievolmente una procedura giuridica per la decisione dei dissensi, e frattanto di conservare gli uni e gli altri ciò che abbiamo, né essi stessi hanno mai chiesto soddisfazione né, dandola noi, la accettano, ma preferiscono risolvere le accuse con la guerra che con le trattative e sono qui ormai per dettare la legge, non più per accusare. Infatti comandano di ritirarci da Potidea e di lasciare indipendente Egina e di abrogare il decreto sui Megaresi; e costoro che sono giunti per ultimi dichiarano apertamente che anche i Greci dobbiamo lasciare liberi. Ma nessuno di voi creda che dovrebbe combattere per cose di poca importanza se noi non abrogassimo il decreto sui Megaresi, poiché accampano che, se esso fosse annullato, non si farebbe la guerra; ne lasciate in voi stessi il rimorso di aver cominciato a combattere per piccoli motivi”.
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