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Se si usa male della retorica, di chi la colpa

Versione greco tradotta di Platone

 


Τη αλλη αγωνία ου τούτου ενεκα δει προϛ απαντας χρησθαι ανθρώπουϛ οτι εμαθε….

Traduzione

Delle altre forme di lotta non per questo bisogna servirsi di fronte a tutti gli uomini; perché qualcuno ha imparato il pugilato e il pancrazio e la scherma, così da riuscire superiore agli amici e ai nemici, non per questo bisogna battere gli amici né ferirli né ucciderli. E nemmeno, per Giove, se qualcuno, dopo aver frequentato la palestra, acquistata la robustezza fisica e divenuto un pugile, percuote poi sua madre e suo padre o qualcun altro dei familiari o degli amici, non per questo bisogna odiare e scacciare dalla città i maestri di ginnastica e coloro che insegnano a lottare con le armi. Costoro infatti hanno trasmesso queste arti perché ne facessero giusto uso contro i nemici e contro gli ingiusti, per difendersi, non per offendere; quelli invece, volgendole ad altro fine, si servono della forza e dell’arte non rettamente. Non dunque coloro che li hanno ammaestrati sono malvagi, né l’arte è colpevole né malvagia a cagione di ciò, bensì, io credo, quanti se ne servano non rettamente. Lo stesso ragionamento appunto vale anche riguardo alla retorica. Infatti il retore è capace di discorrere di fronte a tutti e intorno ad ogni argomento, così da riuscire più persuasivo nelle folle, in una parola, su qualunque materia voglia; ma non punto per tale motivo bisogna che egli tolga la riputazione né ai nemici – giacché egli sarebbe in grado di fare questo – né agli altri artigiani, ma bisogna che si serva giustamente della retorica, come pure dell’arte della lotta. E se uno, io penso, divenuto retore, si serve poi di quest’abilità e di quest’arte per commettere ingiustizia, non bisogna prendere a odiare il suo maestro e cacciarlo dalle città.
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