Prometeo a Ermete: l’aver creato gli uomini non è una colpa
Versione greco tradotta di Luciano
Περί τήϛ πλαστικηϛ καί ότι τοϛ ανϴρώπουϛ εποίησα καιρόϛ ήδη τουτο…..
Traduzione
E’ tempo oramai di parlare sulla mia invenzione e sul fatto che ho creato gli uomini. E poiché quest’accusa, o Ermete, ha due parti, non so in quale dei due rapporti mi accusiate, se dicendo che non bisognava assolutamente che gli uomini esistessero, ma era meglio ch’essi rimanessero immobili, non essendo altro che terra, oppure dicendo che bisognava bensì ch’essi fossero creati, però che venissero foggiati in un altro modo e non in questo. In primo luogo cercherò di mostrare che da ciò non è venuto nessun danno agli dei, in quanto gli uomini furono condotti alla vita; poi che queste cose erano utili per gli dei e molto migliori che non se fosse accaduto che la terra rimanesse deserta e priva di uomini. Anticamente dunque esisteva soltanto la schiatta divina e la celeste: e la terra era qualcosa di selvaggio e di deforme, tutta quanta ricoperta di selve, e per di più incolte, né vi erano altari degli dei né templi – com’era possibile ciò? – né simulacri o immagini in legno o qualche altra cosa di tal genere, come tante ora compaiono dappertutto, venerate con ogni cura. Allora io pensai che fosse stato meglio prendere un pochino di argilla, costruire alcuni esseri animati e foggiare il loro aspetto simile a noi stessi: infatti credevo mancasse qualcosa al genere divino se non esistesse il suo contrapposto, cosicché il confronto fatto con quello dovesse renderlo più felice: e per questo, doveva essere il genere mortale, d’altronde assai ingegnoso e assai perspicace e intenditore del bello.