Se tu credi che il re, avendo più beni che i privati, per questo anche tragga da essi maggiori godimenti, sappi che neppure questa cosa sta così, ma come gli atleti, non quando riescano vincitori dei profani questo li rallegra, ma quando restino inferiori ai loro antagonisti questo li cruccia, così anche il re, non quando sembri possedere più ricchezze che i privati questo gli fa piacere, bensì quando possegga meno degli altri re per questo si affligge: ritiene infatti che quelli siano i suoi antagonisti in fatto di ricchezza. Né al re tocca alcuna delle cose ch’egli desidera più celermente che al privato. Infatti il privato desidera una casa o un campo o un servo, invece il re desidera o città o un ampio territorio o porti o forti cittadelle, cose che sono più difficili e più rischiose da ottenersi che non i desideri dei privati. E anzi anche riguardo ai poveri tu non ne vedrai tanto pochi fra i privati quanto molti fra i re. Infatti non in base al numero si giudica né il molto né il poco, bensì a seconda dell’uso; cosicchè ciò che sopravvanza il necessario è molto, invece ciò che è inferiore al necessario è poco. Il re dunque possiede per le spese necessarie meno grandi ricchezze che il privato. Infatti ai privati è lecito limitare le spese per le necessità giornaliere nella maniera che vogliono, invece ai sovrani ciò non è lecito.