Mi sembra essere una colpa simile usare parole o troppo vecchie e decadute dall'uso comune, oppure antiquate e di una ricercatezza pesante e senza garbo. Ma ancora più sgradevole ritengo che sia usare parole nuove e ignote, mai ascoltate prima, piuttosto che parole comuni e volgari. Dichiaro che appaiono nuove anche quelle che sono fuori dal comune e abbandonate, sebbene siano vetuste. Questo è a tal punto proprio di una tardiva istruzione che, siccome non l'hai mai imparata, l'hai ignorata a lungo, quando una buona volta hai iniziato ad impararla, tieni in considerazione di dirla in qualsiasi posto e circostanza. Come a noi quando eravamo presenti a Roma, un uomo vecchio e celebrato nei processi, ma dotato di un’istruzione quasi improvvisata e messa insieme alla rinfusa, portandosi davanti al prefetto della città e volendo dire che un tale viveva di cibo povero e misero, e mangiava spesso pane di crusca e beveva vino guasto e puzzolente, disse: "Questo cavaliere Romano mangia apludam e beve flocces ". Tutti coloro che erano presenti si guardarono a vicenda, in un primo momento con lo sguardo piuttosto turbato e si chiedevano quale fosse il significato di entrambi le parole, poi dopo, quasi che avesse detto qualcosa in Etrusco o in Gallico, tutti sorrisero.