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Sulpicio Gallo preannuncia l'imminente eclissi di luna – Versione latino Maiorum Lingua Vol C



Sulpicio Gallo preannuncia l’imminente eclissi di luna
Versione di latino tradotta dal Libro Maiorum Lingua C Pagina 86 Numero 202


Castris permunitis C. Sulpicius Gallus, tribunus militum secundae legionis, qui praetor superiore anno fuerat, consulis permissu ad contionem militibus vocatis pronuntiavit, nocte proxima, ne quis id pro portento acciperet, ab hora secunda ad quartam horam noctis lunam defecturam esse. Id quia naturali ordine statis temporibus fiat, et sciri ante et praedici posse. Itaque quem ad modum, quia certi solis lunaeque ortus et occasus sint, nunc pleno orbe, nunc senescentem exiguo cornu fulgere lunam non mirarentur, ita ne obscurari quidem cum condatur umbra terrae, trahere in prodigium debere. Nocte quam pridie nonas Septembres insecuta est dies, edita hora luna cum defecisset, Romanis militibus Galli sapientia prope divina videri; Macedonas ut triste prodigium, occasum regni perniciemque gentis portendens, movit nec aliter vates. Clamor ululatusque in castris Macedonum fuit, donec luna in suam lucem emersit.


Traduzione



Fortificato l'accampamento, Caio Sulpicio Gallo, tribuno dei soldati della seconda legione, che l'anno prima era stato pretore, con il consenso del console, chiamati i soldati a parlamento, comunicò loro che la notte successiva, affinché qualcuno non lo prendesse per un prodigio, dalla seconda ora fino alla quarta la luna si sarebbe oscurata; questo, poiché avveniva per l'ordine naturale ed in certi tempi definiti, lo si poteva sapere e prevedere in anticipo. E così, come ad esempio nessuno si sorprende che la luna splenda ora con un disco pieno, ora, invecchiando, con un corno sottile, conoscendosi con certezza il sorgere ed il tramontare del sole e della luna, così non dovevano ritenere un prodigio che essa si oscurasse immergendosi nell'ombra della terra. La notte che anticipò le none di Settembre, all'ora indicata quando la luna si oscurò, ai Romani apparve quasi divina la scienza di C. Sulpicio Gallo; invece colpì i Macedoni, come un triste prodigio che indicava la caduta del regno e la rovina, né altrimenti affermavano gli indovini. Si ebbero grida ed urla nel campo dei Macedoni, fino a quando la luna non riprese il suo bagliore.
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