Spurio Lucrezio arrivò con Publio Valerio, figlio di Volesio, Collatino con Lucio Giunio Bruto, in compagnia del quale era stato incontrato per caso, mentre ritornava a casa, dal messaggero della moglie. Trovarono Lucrezia seduta, afflitta, nella stanza da letto. All'arrivo dei suoi scoppiò in lacrime, ed al marito che le chiedeva: "Tutto bene?" rispose: "Per niente. Che resta di bene, infatti, per una donna, una volta che ha perso l'onore? Nel tuo letto, Collatino, ci sono le tracce di un estraneo; ma soltanto il corpo è stato violato: l'animo è innocente; la morte ne sarà testimone. Ma datevi le destre e promettete che l'adultero non resterà impunito. È Sesto Tarquinio, che la scorsa notte, nemico in veste di ospite, con la violenza, armato, si è preso da questo letto un piacere funesto per me e, se voi siete uomini, per lui." Tutti, uno dopo l'altro, promettono; cercano di consolare l'afflitta facendo ricadere la colpa da lei, che è stata costretta, sull'autore del delitto: le dicono che è l'animo a peccare, non il corpo, e che dove è mancata l'intenzione, manca anche la colpa. "Vedrete voi" disse ella "quale pena sia dovuta a lui: io, anche se mi assolvo dal peccato, non mi esimo dal castigo; d'ora in poi nessuna donna vivrà impudica per l'esempio di Lucrezia". Si conficcò nel cuore il coltello che teneva nascosto sotto la veste e cadde moribonda accasciandosi sulla ferita.