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Petrarca: separazione tra latino e volgare




L’opera di Petrarca è caratterizzata da una scissione tra latino e volgare. La sua lingua di comunicazione in prosa è sempre e solo il latino. Quello del Petrarca è un vero e proprio “bilinguismo”: il latino ed il volgare sono per lui due codici letterari distinti e destinati a funzioni diverse.


Il latino sembra avere a prima vista un ruolo più nobile e importante.


Per ciò che riguarda il latino, Petrarca vuole liberarlo dalle barbarie: egli intende allontanarlo dagli schemi artificiali delle scuole di Ars dictandi e dalle interferenze col volgare che dilagava nella prosa duecentesca. Questa lingua equilibrata ed armonica vuol imporsi e circolare come lingua internazionale dei dotti. Il volgare diventa una lingua pura ed assoluta, Petrarca fa dunque una scelta opposta a quella di Dante. Latino o volgare che sia, la scrittura è per lui, diretta manifestazione del valore dell’autore. Questa concezione porta Petrarca ad una incontentabile ricerca di perfezione e miglioramento. Dante faceva di ogni opera scritta una prova diversa. Il procedimento essenziale del Petrarca è quello della riscrittura egli parte da alcuni testi, temi e progetti, e ritorna su di essi infinite volte, con arricchimenti, nuove stesure, aggiunte e richiami. Di questo suo lavoro abbiamo un’abbondante documentazione, proprio per il fatto che nulla di ciò che egli scrive fu mai finito totalmente, non è possibile legare le opere del Petrarca ai momenti specifici della sua esistenza. L’amore di Petrarca per gli scrittori antichi e per la lingua latina si lega all’Umanesimo. Di quei grandi scrittori, Cicerone e Virgilio occorre imitare le forme, i modi linguistici e stilistici. Per Petrarca occorre tenere presente vari scrittori eccellenti, lo scrittore latino moderno, deve trarre frutto dall’insegnamento di tutti quegli antichi che rivelano qualità, misura ed equilibrio. Petrarca avverte quanto il presente sia lontano dal passato; quanto frammentaria e scarsa sia la diffusione e la conoscenza di quegli autori. Per farli risorgere nel modo più autentico occorre condurre da una parte una battaglia contro le “barbarie”, dall’altra un lavoro di ricerca che riporti alla luce testi perduti, che li ricostruisca nella loro originalità al di là delle deturpanti trascrizioni. Le biblioteche religiose di tutta Europa, che nascondono tesori rimasti quasi sconosciuti alla cultura medievale, sono frequentate dal Petrarca nei suoi viaggi: egli vi scova testi assai rari, che egli stesso copia o fa copiare. Tra le sue “scoperte” le più importanti sono le lettere di Cicerone, Attico, Quinto e Bruto.


Egli aspira ad un libro che si accompagna armonicamente. Quando pensa ai destinatari delle sue opere, Petrarca non ha mai in mente un pubblico vasto, ma la cerchia privilegiata di pochi amici scelti.


La figura di Petrarca appare rivoluzionaria rispetto a quelle di tutti gli altri intellettuali. Significativo prima di tutti è il cosmopolitismo che lo pone subito in una dimensione internazionale che viene rafforzata dalla sua condizione di chierico non vincolato da regole può rivolgersi ad un mondo di dotti che non conosce confini.


Questo suo cosmopolitismo è carico di incertezze e turbamenti di fronte alla disgregazione, alla corruzione, alla violenza che dominano il mondo.


In nome dell’Italia e di Roma, Petrarca si fa portavoce di ideali politici di giustizia e virtù, ma finisce per accettare in pieno la realtà politica contemporanea. I suoi amici formano il pubblico ideale delle sue scritture e sono i destinatari della maggior parte delle sue lettere. Tra quelli più cari si ricorda: Giovanni Colonna, Barbato da Sulmona e Giovanni Boccaccio. L’Umanesimo del Petrarca coinvolge tutta la sua esistenza e comporta un rifiuto della cultura scolastica e aristotelica che ancora dominava negli ambienti universitari. Egli avverte un conflitto tra il suo culto della classicità e il messaggio cristiano. Cicerone, modello della prosa letteraria latina, gli offre sintesi del pensiero morale classico. Quello del Petrarca è un Umanesimo cristiano in cui Dio rappresenta la pace interiore, un bene sicuro ed assoluto che libera dalla falsità della vita sociale.

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