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Ario, Nestorio, Eutiche: le diverse concezioni sulla natura di Cristo


Le decisioni prese durante i concili di Nicea, Efeso e di Calcedonia


Ario sacerdote d'Alessandria d'Egitto sosteneva: la non divinità di Cristo e la non consustanzialità; sosteneva perciò,  la natura umana di Cristo negando la natura divina; e che Cristo non era Dio come il Padre, ma un essere da lui creato e quindi di natura inferiore e subordinato a lui.



Il suo ragionamento si fondava sull'affermazione che ciò  che è generato (e non creato) non può  essere di pari potenza del suo creatore. Per cui, Cristo in quanto creato, non può  essere considerato eterno. Con l'arianesimo svanivano i misteri dell'incarnazione, della redenzione e l 'idea  di trinità.



Con il concilio di Nicea (325) convocato e presieduto dall'imperatore Costantino, si ebbe il primo concilio ecumenico del mondo cristiano; con questo concilio venne condannato l'arianesimo come eresia, e venne formulato il credo niceno, simbolo della fede comune della Chiesa, in cui si stabilì:

  •  la dottrina della consustanzialità  del Padre e del Figlio e dello Spirito.



Inoltre si affermava che Cristo non è  creato ma generato dal Padre, incarnato per opera dello Spirito Santo in Gesù. Nel V sec. ad opera del patriarca Nestorio a Costantinopoli, si diffuse: il nestorianesimo che sosteneva l'esistenza in Cristo, oltre che di due nature (umana e divina) anche di due persone (Dio e uomo) unite dal punto di vista morale più che sostanziale, e negava a Maria l'appellativo di madre di Dio, attribuendole il titolo di madre di Cristo, perché  genitrice del solo Cristo-Uomo.



Il Concilio di Efeso (431) condannò il nestorianesimo, come dottrina eretica. Il monofisismo, invece sostenuto dal monaco Eutiche, affermava l'esistenza in Cristo della sola natura divina. La natura umana, era assorbita dalla natura divina.



Con il concilio di Calcedonia, convocato dall'imperatore romano d'oriente, Marciano, vi fu la condanna del monofisismo. Nel 545 Giustiniano, con un editto dichiarò le basi dei lavori di Calcedonia nelle mani di tre teologi, ed i loro scritti presero il nome di tre capitoli.



Nel 553, Giustiniano svolse il secondo concilio a Costantinopoli e condannò i tre capitoli; papa Vigilio venne imprigionato, e molte diocesi non accettarono questo nuovo stato di cose e riunitisi in concilio ad Aquileia respinsero le decisioni di Costantinopoli e dichiararono di non conoscere più l'autorità del pontefice. Lo scisma verificatosi, detto dei tre capitoli,  durò  a lungo ed alcune diocesi dell'Italia settentrionale, si mantennero indipendenti dalla Chiesa di Roma, fino alla fine del VII secolo.

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