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De Senectute, Paragrafo 10

De Senectute, Paragrafo 10




Ego Q. Maximum, eum qui Tarentum recepit, senem adulescens  ita dilexi, ut aequalem; erat enim in illo viro comitate condita gravitas, nec senectus mores mutaverat. Quamquam eum colere  coepi non admodum grandem natu, sed tamen iam aetate provectum. Anno enim post consul primum fuerat quam ego natus sum, cumque  eo quartum consule adulescentulus miles ad Capuam profectus sum quintoque anno post ad Tarentum. Quaestor deinde quadriennio  post factus sum, quem magistratum gessi consulibus Tuditano et Cethego, cum quidem ille admodum senex suasor legis Cinciae de  donis et muneribus fuit. Hic et bella gerebat ut adulescens, cum plane grandis esset, et Hannibalem iuveniliter exsultantem  patientia sua molliebat; de quo praeclare familiaris noster Ennius:“Unus homo nobis cunctando restituit rem, noenum rumores  ponebat ante salutem: Ergo plusque magisque viri nunc gloria claret.”



TRADUZIONE


Come a un coetaneo, volli bene, io giovane lui vecchio, a Quinto Massimo, il riconquistatore di Taranto. C'era in quell'uomo grande una severità condita dall'affabilità e la vecchiaia non aveva cambiato il suo carattere. Veramente, iniziai a rendergli onore quando non era molto anziano, ma tuttavia già avanti negli anni: era stato console per la prima volta l'anno successivo alla mia nascita e, quando lo fu per la quarta volta, partii con lui - ero un giovincello - come soldato semplice per Capua e cinque anni dopo per Taranto. Divenuto questore, esercitai tale magistratura sotto il consolato di Tuditano e Cetego quando lui, ormai molto vecchio, sosteneva la legge Cincia «sui doni e le ricompense». Sapeva al tempo stesso combattere come un ragazzo nonostante l'età molto avanzata e fiaccare con la pazienza un Annibale pieno di ardore giovanile. Di lui scrisse magnificamente il mio amico Ennio: «Un solo uomo, temporeggiando, salvò la nostra patria; non anteponeva il mormorar della gente al bene pubblico. Così , risplende e sempre più risplenderà la sua gloria.»

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