De Senectute, Paragrafo 5
De Senectute, Paragrafo 5
Quocirca si sapientiam meam admirari soletis (quae utinam digna esset opinione vestra nostroque cognomine!), in hoc sumus sapientes, quod naturam optimam ducem tamquam deum sequimur eique paremus; a qua non veri simile est, cum ceterae partes aetatis bene descriptae sint, extremum actum tamquam ab inerti poeta esse neglectum. Sed tamen necesse fuit esse aliquid extremum et, tamquam in arborum bacis terraeque fructibus maturitate tempestiva quasi vietum et caducum, quod ferundum est molliter sapienti. Quid est enim aliud Gigantum modo bellare cum dis nisi naturae repugnare?
TRADUZIONE
Perciò, se siete soliti stupirvi della mia saggezza - possa essere degna del vostro giudizio e del mio soprannome! - sono saggio in questo: seguo la natura, ottima guida, come se fosse un dio e le obbedisco; non è verosimile che essa abbia descritto bene tutte le altre parti della vita per poi buttare giù l'ultimo atto, come un poeta senz'arte. Ma era pur necessario che esistesse qualcosa di ultimo, qualcosa, per così dire, di vizzo e sul punto di cadere, per maturità compiuta, come accade ai frutti degli alberi e ai prodotti della terra. Il saggio deve sopportare questa realtà con condiscendenza: la lotta dei Giganti contro gli dèi che altro è se non una ribellione contro la natura?
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