Livio: Fiere parole di Gaio Muzio al re Porsenna
Vadentem inde qua per trepidam turbam cruento mucrone sibi ipse fecerat viam, cum concursu ad clamorem facto comprehensum regii satellites retraxissent, ante tribunal regis destitutus, tum quoque inter tantas fortunae minas metuendus magis quam metuens, "Romanus sum" inquit, "civis; C. Mucium vocant. Hostis hostem occidere volui, nec ad mortem minus animi est, quam fuit ad caedem; et facere et pati fortia Romanum est. Nec unus in te ego hos animos gessi; longus post me ordo est idem petentium decus. Proinde in hoc discrimen, si iuvat, accingere, ut in singulas horas capite dimices tuo, ferrum hostemque in vestibulo habeas regiae. Hoc tibi iuventus Romana indicimus bellum. Nullam aciem, nullum proelium timueris; uni tibi et cum singulis res erit."
TRADUZIONE
Mentre se ne andava di lì, passando per dove egli stesso s'era aperto un varco con il pugnale insanguinato attraverso la folla impaurita, poiché, accorsa gente al rumore, le guardie del re lo avevano arrestato, bloccato com'era, condotto davanti al seggio del re, perfino allora temibile più che timoroso, pur in mezzo a così grandi minacce della sorte, disse: "Sono cittadino romano; mi chiamano Gaio Muzio. Nemico, ho voluto uccidere un nemico, e di fronte alla morte non ho minor coraggio di quanto ne ebbi di fronte all'uccisione; tanto compiere quanto subire azioni valorose è degno di Romani. Né io solo ho concepito contro di te questi sentimenti; dopo di me c'è una lunga schiera di giovani che aspirano al medesimo onore. Perciò prepàrati a questa prova, se ti piace: a lottare ogni ora per la tua vita, e ad avere sempre un pugnale nemico nell'atrio della reggia. Questa è la guerra che noi, giovani romani, ti dichiariamo. Non temere nessun esercito, nessuna battaglia: la cosa si deciderà fra te solo e ciascuno di noi."
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