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Seneca: Il lento cammino della conoscenza

Multa sunt quae esse concedimus; qualia sunt? Ignoramus. Habere nos animum, cuius imperio et impellimur et revocamur, omnes fatebuntur; quid tamen sit animus ille rector dominusque nostri, non magis tibi quisquam expediet quam ubi sit. Alius illum dicet spiritum esse, alius concentum quendam, alius vim divinam et dei partem, alius tenuissimum animae, alius incorporalem potentiam; non deerit qui sanguinem dicat, qui calorem. Adeo animo non potest liquere de ceteris rebus ut adhuc ipse se quaerat.Quid ergo miramur cometas, tam rarum mundi spectaculum, nondum teneri legibus certis nec initia illorum finesque notescere, quorum ex ingentibus intervallis recursus est? Nondum sunt anni mille quingenti ex quo Graecia stellis numeros et nomina fecit, multaeque hodie sunt gentes quae facie tantum noverunt caelum, quae nondum sciunt cur luna deficiat, quare obumbretur. Haec apud nos quoque nuper ratio ad certum perduxit. Veniet tempus quo ista quae nunc latent in lucem dies extrahat et longioris aevi diligentia.Ad inquisitionem tantorum aetas una non sufficit, ut tota caelo vacet; quid quod tam paucos annos inter studia ac vitia non aequa portione dividimus? Itaque per successiones ista longas explicabuntur. Veniet tempus quo posteri nostri tam aperta nos nescisse mirentur.



TRADUZIONE



Vi sono molte cose di cui ammettiamo l’esistenza; qual è la loro essenza? Non sappiamo. Tutti riconosceranno che noi abbiamo un’anima dal cui comando siamo spinti ad agire e ne siamo distolti; tuttavia, che cosa sia quest’anima che ci dirige e ci governa  non sarà in grado di spiegarte lo nessuno più di quanto non sarà in grado di spiegarti dove sia. Uno dirà che essa è soffio vitale, un altro che è una sorta di armonia, un altro che è una forza divina e che è una parte della divinità, un altro che è l’elemento più sottile del principio vitale, un altro una potenza incorporea; non mancherà chi dirà  che è sangue, o chi dirà che è calore. A tal punto non è possibile all’anima veder chiaro a proposito delle altre cose che essa ricerca ancora se stessa. Perché dunque ci stupiamo che le comete, spettacolo tanto raro dell’universo non siano ancora inquadrate in leggi fisse e che non siano noti l’inizio e la fine di questi fenomeni il cui ritorno avviene  a intervalli di tempo smisurati? Non sono ancora trascorsi millecinquecento anni da quando la Grecia “contò e diede un nome alle stelle” e ancora oggi esistono molti popoli che conoscono il cielo soltanto nel suo aspetto esteriore, che non sanno ancora perché la luna si eclissi, perché si oscuri. Anche presso di noi la scienza è riuscita da poco a chiarire questi fenomeni. Verrà un giorno in cui il tempo e lo studio attento di più generazioni porteranno alla luce codesti fenomeni che adesso sono oscuri. Una sola vita non è sufficiente ad investigare fenomeni di così grande portata, anche ammettendo che si dedichi interamente al lo studio del cielo; che dire poi del fatto che dividiamo in parti non uguali tra gli studi e i vizi i così pochi anni che abbiamo da vivere? E così questi fenomeni saranno spiegati attraverso lunghe successioni di anni. Verrà un tempo in cui i nostri posteri si meraviglieranno che noi abbiamo ignorato cose tanto evideni.
 

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