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Cicerone: Dio non ha bisogno dei polli per comunicare con l'uomo









Iam vero coniectura omnis, in qua nititur divinatio, ingeniis hominum in multas aut diversas aut etiam contrarias partis saepe diducitur. Ut enim in causis iudicialibus alia coniectura est accusatoris, alia defensoris et tamen utriusque credibilis, sic in omnibus iis rebus, quae coniectura investigari videntur, anceps reperitur oratio. Quas autem res tum natura, tum casus adfert, non numquam etiam errorem creat similitudo, magna stultitia est earum rerum deos facere effectores, causas rerum non quaerere. Tu vates Boeotios credis Lebadiae vidisse ex gallorum gallinaceorum cantu victoriam esse Thebanorum, quia galli victi silere solerent, canere victores. Hoc igitur per gallinas Iuppiter tantae civitati signum dabat? An illae aves, nisi cum vicerunt, canere non solent? At tum canebant nec vicerant. Id enim est, inquies, ostentum. Magnum vero! Quasi pisces, non galli cecinerint! Quod autem est tempus, quo illi non cantent, vel nocturnum vel diurnum? Quodsi victores alacritate et quasi laetitia ad canendum excitantur, potuit accidisse alia quoque laetitia, qua ad cantum moverentur. Cum igitur hoc animal tam sit canorum sua sponte, quid in mentem venit Callistheni dicere deos gallis signum dedisse cantandi, cum id vel natura vel casus efficere potuisset?



TRADUZIONE


E davvero ogni interpretazione su cui poggia la divinazione spesso è tirata dalle menti degli uomini in molte direzioni diverse o addirittura opposte. Come infatti nelle cause giudiziarie una è l'interpretazione dell'accusatore, un'altra quella del difensore, e tuttavia è plausibile quella di entrambi,così in tutte quelle cose che sembra debbano essere investigate per via congetturale si riscontra una spiegazione ambigua.D'altronde, degli eventi che talvolta la natura, talaltra il caso determina e a volte anche la somiglianza tra effetti della natura e del caso induce in errore, è grande stoltezza considerare artefici gli dèi, e non ricercare invece le cause di questi avvenimenti. Tu credi che a Lebadia gli indovini beoti abbiano compreso dal canto dei galli che la vittoria era dei Tebani, perché i galli son soliti tacere quando sono vinti, cantare quando sono vincitori. Dunque a una città così importante Giove avrebbe dato questo segnale per mezzo di galline? O forse quegli uccelli non sono soliti cantare se non quando vincono? "Ma quella volta cantavano,e non avevano ancora vinto. E' proprio questo, infatti," dirai tu, " il prodigio." Gran prodigio davvero! Come se avessero cantato dei pesci, e non dei galli! E qual è il tempo in cui essi non cantano, notturno o diurno che sia? E se, quando sono vincitori, sono spinti a cantare dall'eccitazione e da una specie di gioia, sarebbe potuto accadere lo stesso anche per un'altra ragione di allegria, dalla quale fossero spinti al canto. Poiché, dunque, questo animale è tanto canoro di per sé, cos'è venuto in mente a Callistene di dire che gli dèi hanno dato ai galli il segnale di cantare, dal momento che quello stesso effetto avrebbero potuto produrlo o la natura o il caso?

 

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