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Svetonio: La morte di Domiziano









Cunctantibus conspiratis, quando et quo modo, id est lavantemne an caenantem, at degrederentur, Stephanus, Domitillae procurator, et tunc interceptarum pecurtiarum reus, consilium operamque obtulit. Ac sinisteuiòre brachio, velut aegro, lanis fasciisque per aliquot dies ad avertendam suspicionem obvoluto, ad ipsam horam dolonem interiecit; professusque conspirationis iudicium et ob hoc admissus, legenti traditum a se libellum et attonito suffodit inguina. Saucium ac repugnante~n adorti Clodianus Cornicularius, et Maximus Parthenii libertus, et Saturius decurio cubiculariorum, et quidam e gladiatorio .ludo vulneribus septem contrucidarunt. Occisus est XIV Kalendas Octobres anno aetatis quadragesimo quinto, imperii quinto decimo. Cadaver eius, populari sandapila per vespillones exportatum, Phyllis nutrix in suburbano suo Latina via funeravit; sed reliquias tempo Flaviae gentis clam intulit, cineribusque Iuliae Titi fihiae, quam et ipsam educarat, conmiscuit.






TRADUZIONE






Incerti i congiurati sul quando e sul come aggredire, se  nel bagno o a banchetto, Stefano, procuratore di Domitilla, e in quel tempo reo di concussione, offrì un suo piano e la sua opera. Tenendo, dunque, per alcuni giorni avvolto in lane e fasce il braccio sinistro, come se fosse infermo, allo scopo di tener lontano ogni sospetto, al1ora convenuta si infilò  un pugnale: e dichiarando di voler rivelare una congiura, fu per questo introdotto, al quale, mentre legge;-a lo scritto consegnatogli ed era tutto assorto, dette una pugnalata negli inguini. Resistendo, anche se ferito, lo assalirono allora Clodiano Corniculario, Massimo liberto di Partenio, Saturio de;urione dei camerieri ed alcuni gladiatori, e lo trucidarono con sette ferite. Fu ucciso il diciotto di settembre, nell’anno quarantacinquesimo della sua vita, e quindicesimo del suo impero. Il suo cadavere, fu trasportato in una bara comune dai becchini, e la nutrice Fillide gli rese le estreme onoranze funebri nel suo fondo suburbano sulla via Latina; ma portò di nascosto i resti nel tempio della gente Flavia, e li mescolò con le ceneri di Giulia, la figlia di Tito, che era stata pure allevata da lei.







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