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Sallustio: Cesare e Catone a confronto: Il punto di vista di Sallustio


Igitur eis genus, aetas, eloquentia, prope aequalia fuere; magnitudo animi par, item gloria, sed alia alii. Caesar beneficiis ac munificentia magnus habebatur, integritate vitae Cato. Ille mansuetudine et misericordia clarus factus, huic severitas dignitatem addiderat. Caesar dando, sublevando, ignoscendo, Cato nihil largiundo gloriam adeptus est. In altero miseris perfugium erat, in altero malis pernicies. Illius facilitas, huius constantia laudabatur. Postremo Caesar in animum induxerat laborare, vigilare, negotiis amicorum intentus sua neglegere, nihil denegare quod dono dignum esset; sibi magnum imperium, exercitum bellum novum exoptabat ubi virtus enitescere posset. At Catoni studium modestiae, decoris, sed maxume severitatis erat. Non divitiis cum divite neque factione cum factioso, sed cum strenuo virtute, cum modesto pudore, cum innocente abstinentia certabat. Esse quam videri bonus malebat; ita, quo minus petebat gloriam, eo magis illum assequebatur.


Traduzione





Dunque essi ebbero stirpe, età, eloquenza, quasi uguali; simile grandezza d'animo, ugualmente gloria, ma diversa l'uno dall'altro. Cesare era ritenuto grande in generosità e prodigalità, Catone era ritenuto grande per l'integrità di vita. Egli era diventato famoso per mitezza e clemenza, al secondo la severità aveva aggiunto dignità. Cesare donando, sostenendo, perdonando, ottenne la gloria, Catone non elargendo niente. Nell'uno c'era rifugio per i miseri, nell'altro rovina per i disonesti. La disponibilità del primo era lodata, del secondo l'inflessibilità. Finalmente Cesare si era proposto nell'animo di lavorare, di vigilare, di trascurare i suoi interessi per gli affari degli amici, si era proposto di non negare nulla che fosse degno di un dono; desiderava fortemente per se' un grande potere militare e una nuova guerra, dove la sua virtù potesse brillare. Ma Catone aveva inclinazione per la modestia, per il denaro, ma soprattutto per la severità. Non competeva in ricchezze con i ricchi, né in faziosità con i faziosi, ma era in competizione in virtù con i valorosi, in pudore con i modesti, ed in innocenza con gli innocenti. Egli preferiva essere buono piuttosto che sembrarlo; così quanto meno aspirava alla gloria, essa tanto più lo seguiva.






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