Cicerone: Una lettera piena di amore coniugale
Accepi ab Aristocrito tres epistulas, quas ego lacrimis prope delevi; conficior enim maerore, mea Terentia nec meae me miseriae magis excruciant quam tuae vestraeque; ego autem miserior sum quam tu, quae es miserrima,quod calamitas communis est utriusque nostrum, sed culpa mea propria est. Vel legatione vitare periculum vel diligentia et copiis resistere vel cadere fortiter. hoc miserius, turpius, indignius nobis nihil fuit. Quare cum dolore conficior, tum etiam pudore, quia uxori meae optimae, suavissimis liberis virtutem et diligentiam non praestiti; nam mihi ante oculos dies noctesque est squalor vester et maeror et infirmitas valetudinis tuae, spes autem salutis pertenuis ostenditur.
Traduzione
Da Aristocrito ho ricevuto tre lettere e le ho quasi cancellate con le mie lacrime: Terenzia mia, una cupa disperazione mi distrugge e le mie sciagure non danno tanto tormento quanto le tue e le vostre; Ma io mi sento più disgraziato di te, che pure sei al colmo d'ogni male, perché se la sventura di per sé è comune a tutti e due, la colpa è tutta e solo mia. Sarebbe stato compito mio o evitare il pericolo accettando la missione offertami, o resistere predisponendo con ogni cura le difese necessarie, o cadere da forte. Niente è stato più sciagurato, vergognoso, indegno del mio comportamento. Ecco perciò che oltre al dolore mi consuma la cattiva coscienza: mi vergogno di non avere provveduto con energia e sollecitudine ai diritti della migliore delle mogli e a quelli di due figli amorosissimi. Ho davanti agli occhi giorno e notte lo spettacolo della vostra desolazione e della vostra angoscia e la precarietà della tua salute, mentre la speranza di risollevarci si rivela tanto esigua.
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