Il fine della storia e della tragedia non è il medesimo, bensì è l’opposto. Colà infatti bisogna, mediante i discorsi più persuasivi, fare impressione e secondo la circostanza presente guidare gli ascoltatori, qui invece mediante i fatti veri e i discorsi bisogna per tutto l’avvenire informare e persuadere gli studiosi, dal momento che in quelli signoreggia l’elemento persuasivo, anche se sia menzognero, per la suggestione visiva, in questi invece domina il vero in grazia all’utilità di coloro che vogliono imparare. E a parte questo, egli ci narra la maggior parte delle tragiche vicende senza porre una causa e una circostanza a base dei fatti che accadono, senza i quali elementi non è possibile né provare pietà ragionevolmente né sdegnarsi convenientemente per nessuno degli eventi. Infatti chi tra gli uomini non ritiene cosa grave che persone libere vengano battute? Ma tuttavia se qualcuno che per primo ha menato a torto le mani soffre alcunché di simile, si giudica che giustamente egli l’abbia sofferto; se poi questa stessa cosa avviene per correzione ed esempio, coloro che bastonano i liberi vengono per giunta stimati degni di onore e di riconoscenza. E l’uccidere i concittadini è stimata una gravissima empietà e degna di gravissime pene: eppure espressamente chi ha ucciso un ladro o un adultero rimane impunito, e chi uccide un traditore o un tiranno ottiene onori e primi posti presso tutti. Così in ogni caso il termine del giudizio a proposito di queste eventualità sta non nel risultato, bensì nelle cause e nelle intenzioni di coloro che agiscono e nelle loro differenze.