Il mito delle cicale
Versione greco tradotta di PlatoneΣχολή μέν δή ωϛ εοικεν καί αμα μοι δοκουσιν ωϛ εν τω πνίγει υπερ κεϕαληϛ ημων…….
Traduzione
Abbiamo tempo a nostra disposizione, a quanto sembra. Inoltre a me pare che, come durante l’arsura, le cicale sopra la nostra testa, cantando e discorrendo tra loro, guardino anche noi. Se dunque vedessero pure noi due che nelle ore meridiane, come fanno i più, non discorriamo, ma sonnecchiamo, ci deriderebbero. Non è conveniente che una persona colta ignori queste cose. Si dice che un tempo queste cicale erano uomini, di quelli che esistettero prima che nascessero le Muse: nate le Muse e apparso il canto, alcuni fra gli uomini di allora furono così presi dal piacere che, cantando, si dimenticarono del cibo e della bevanda e morirono senza accorgersene. Da essi provenne dopo di ciò, la schiatta delle cicale, la quale dalle Muse ricevette questo come dono, di non avere affatto bisogno, nata che sia, di nutrimento, ma senza cibo e senza bevanda subito canta finché muore e quindi giunge alle Muse e annuncia loro chi degli uomini quaggiù renda loro onore e a quale di esse. A Tersicore dunque riferiscono i nomi di coloro che l’hanno onorata nei cori e così li rendono a lei più cari; a Erato coloro che l’hanno onorata nei campi dell’amore; e così pure alle altre, secondo la specie dell’onore reso a ciascuna. A Calliope, che è la più anziana, e ad Urania, che viene dopo di lei, annunciano coloro che vivono nella filosofia e onorano la musica di esse, le quali soprattutto fra le Muse, intente al cielo e ai ragionamenti divini e umani, emettono una bellissima voce. Per molti motivi bisogna dunque discorrere di qualche cosa e non si deve dormire nel mezzogiorno.
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