Del fatto che queste cose siano procedute tanto vergognosamente, se occorre dire il vero con franchezza, nessuno, o Ateniesi, è più colpevole di voi. Infatti voi non volete nemmeno più far pagare la pena ai colpevoli ma anche questo dovere se ne andato dalla città. Eppure considerate in che modo in vostri antenati punivano chi avesse fatto loro del male se facevano ciò in maniera simile a voi. Essi presero Temistocle, che presumeva essere superiore a loro, lo cacciarono dalla città e lo accusarono di parteggiare per i Persiani; e Cimone, perché di propria iniziativa cangiò la costituzione dei Parii, l’assolsero per soli tre voti dall’essere punito con la morte, però lo condannarono a pagare cinquanta talenti. In questo modo si comportavano nei confronti di uomini che avevano recato a loro tali beni. E giustamente: dato che essi non vendevano a quelli per le imprese che compivano la propria libertà e la propria grandezza d’animo, ma se quelli erano onesti, li onoravano, se invece si accingevano a far del male, non lo permettevano. Invece voi, o Ateniesi, quelli che hanno compiuto i falli maggiori e sono stati evidentemente confutati, se tirano fuori uno o due motti faceti, se alcuni scelti come avvocati dalle loro stesse tribù ve ne pregano, voi li assolvete; e se pure condannate qualcuno, stimate la lite a venticinque dramme. Infatti allora le condizioni della città erano prospere e splendide pubblicamente, e privatamente nessuno soprastava agli altri.