Anzitutto il re, pur essendo per natura assai ben dotato di senno e sapendo condurre a buon fine la maggior parte delle sue imprese, tuttavia non riteneva di dover essere negligente ne di agire ciecamente negli affari, ma passava la maggior parte del tempo nell’indagare, nel riflettere e nel deliberare, ritenendo che, se avesse esercitato bene il proprio intelletto, ugualmente il proprio regno si sarebbe trovato in buone condizioni; e si meravigliava di quanti hanno cura dell’anima per fini esterni, ma non si preoccupano punto dell’anima in se stessa. Inoltre anche riguardo agli affari pubblici era del medesimo avviso: vedendo infatti che quanti si occupano meglio delle cose proprie sono pur coloro che provano minor dolore e che le vere forme di riposo non consistono nell’ozio, , bensì nel buon successo e nella perseveranza, nulla egli lasciava senza indagine, ma tanto acutamente aveva notizia degli affari e conosceva ciascuno dei sudditi che da un lato quanti gli tendevano insidie non riuscivano a prevenirlo, dall’altro quanti erano ben disposti verso di lui non gli sfuggivano, ma tutti ricevevano quanto loro spettava. Infatti egli non puniva né onorava i suoi concittadini in base alle cose che intendeva da altri, ma emetteva i suoi giudizi su di essi in base a ciò che egli stesso conosceva. Non aveva bisogno di consiglieri, ma tuttavia si consigliava con gli amici; e mentre più volte riusciva sconfitto da coloro che usavano con lui, era superiore in tutto ai suoi avversari.