Mi accorgo che mi capita un fatto contrario a quelli che erano stati i miei precedenti propositi: infatti poco fa caddi nell’ignoranza e nello sviamento e nell’oblio; ora invece so chiaramente di non rimanere fedele a quella serenità che si richiede nel discorso e che io avevo quando cominciai a scriverlo, ma di essermi accinto a parlare su argomenti che non pensavo affatto di trattare, divenendo più audace di quanto la mia natura comporti e incapace di serbare la moderazione in alcune delle cose che dico, data la quantità delle idee da esporre che mi affluiscono alla mente. Ora dunque si è insinuato in me il desiderio di parlare con franchezza e io ho sciolto la lingua e mi sono assunto un compito tale che per me non è ne bello ne possibile tralasciare azioni di tanta importanza, perché in grazia ad esse è dato dimostrare che la nostra città divenne di fronte ai Greci degna di maggiore stima che quella degli Spartani; perciò non si deve tacere nemmeno riguardo agli altri mali che non sono ancora stati accennati, ma che sono realmente accaduti fra i Greci, bensì bisogna dimostrare che di essi i nostri vennero tardi a conoscenza, mentre gli Spartani riguardo ad alcuni di essi furono i primi, riguardo ad altri furono i soli a sbagliare.