Io ritengo che gli uomini non in casa abbiano la ricchezza e la povertà, bensì nell’anima. Vedo infatti parecchi privati, i quali pur possedendo ricchezze vistosissime, credono di essere tanto poveri da sostenere ogni fatica e da affrontare ogni pericolo per guadagnare di più; e conosco anche fratelli i quali hanno ricevuto in sorte parti uguali, eppure uno di essi ha quanto basta e quanto sovrabbonda per la spesa, l’altro invece manca di ogni cosa. E sento pure di alcuni re, i quali sono tanto avidi di ricchezze da commettere colpe molto più gravi che gli uomini più indigenti. Infatti per la povertà certamente alcuni rubano, altri traforano le pareti, altri fanno degli schiavi; e vi sono alcuni re che distruggono intere famiglie e uccidono parecchi insieme e sovente anche per causa del denaro rendono schiave intere città. Costoro dunque io commisero molto a cagione della loro grave malattia. A me infatti sembra che essi soffrono in maniera simile a colui che pur mangiando molto non riesca mai a saziarsi.