Maia, la più anziana delle figlie di Atlante, avendo sposato Zeus, in un antro del Cillene partorisce Ermete. Costui da piccolo, mentre giaceva nella culla, sgusciato fuori giunge nella Pieria e ruba i buoi che stava pascolando Apollo. E per non essere scoperto dalle orme, pose delle fasce attorno ai piedi delle mucche portatele a Pilo, le rimanenti le nascose in una spelonca e due le sacrificò, poi ne appese le pelli a rupi, e delle carni parte consumò dopo averle fatte cuocere, parte arse. E tosto se ne ritornò a Cillene. E trovo davanti all’antro una testuggine che pascolava. Avendola pulita, sul guscio distese le minuge prese da quelle mucche ch’egli aveva sacrificato e, foggiata la lira, inventò anche il plettro. Apollo, ricercando le mucche, giunse a Pilo e interrogò gli abitanti. Questi risposero di aver bensì visto un fanciullo che spingeva l’armento, ma di non saper dire dove mai le mucche fossero state spinte, perché non riuscivano a trovare le orme. Ma avendo appreso dalla mantica il ladro, si presentò a Maia sul Cillene e accusò Ermete. Allora essa glielo mostrò nelle fasce. Zeus gli ordinò di restituirle, ma egli negava. Non riuscendo a persuaderlo, condusse Apollo a Pilo e gli restituì le mucche. Ma Apollo, intesa la lira, gli diede in cambio le mucche.