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La lingua di Omero e la questione omerica

Riassunto sulla questione omerica e la disputa tra gli storici sulla reale esistenza di Omero. Esposizione delle teorie di Hedelin, Vico e Wolf.

La tradizione antica non aveva dubbi sulla realtà storica di un poeta chiamato Omero, autore dell’Iliade e dell’Odissea, oltre che di altre opere, tra cui i poemi del Cicloe i cosiddetti Inni. Poiché l’autore di uno degli Inni si definisce il cieco che a abita a Chio, nacque la leggenda della sua cecità.


Ad impostare secondo rigorosi criteri storici e filologici non solo il testo e l’esegesi dei poemi, ma anche l’identificazione dell’autore furono i critici alessandrini. In precedenza erano sorti dei dubbi sull’attribuzione del ciclo ad Omero e vennero considerate autentiche soltanto l’Iliade e l’Odissea, sulla base delle differenze di struttura narrativa e di stile che mostrano rispetto ad altre opere. Ma due grammatici, Senone ed Ellanico, si spinsero oltre affermando, sulla base delle discrepanze linguistiche e ambientali fra i due poemi, che l’Odissea non apparteneva ad Omero, autore quindi della sola Iliade. Tale opinione, che vale ai due la qualifica di separatisti venne confutata anche dal massimo esperto di omeristica Aristarco. Agli inizi dell’era volgare, l’autore anonimo del trattato Sul Sublime credette ascrisse l’Iliade alla giovinezza del poeta e l’Odissea alla sua vecchiaia.


Tuttavia vi era un dubbio e cioé: in un’epoca che, come si credeva, non avrebbe conosciuto la scrittura, come erano stati tramandati i poemi?


Si avanzò l’ipotesi che essi fossero stati concepiti e tramandati a memoria, per via orale e ciò permetteva di spiegare anche la presenza di non poche contraddizioni nei poemi.

L’inesistenza della scrittura ai tempi di Omero e le incongruenze presenti nell’Iliade furono messe a partito in età moderna da Francois Hedelin, il quale asserì che i poemi omerici sono una raccolta tardiva di canti composti da vari poeti e originariamente indipendenti e che l’Omero autore dell’Iliade è un personaggio immaginario. Alle radici di questa tesi sta il presupposto classicista che intendeva dimostrare la superiorità di Virgilio, poeta colto e raffinato, sull’arte inesperta e rudimentale di Omero.

Da premesse diverse giunse ad una conclusione analoga Giambattista Vico, il quale riconosce la grandezza poetica di Omero, che si manifesta nell’eroismo smisurato e nelle passioni sublimi dei suoi personaggi. Ma questi sono la voce stessa del primo affermarsi della nazione greca, i poemi sono una creazione collettiva a cui concorre tutto il popolo, e Omero, è l’idea simbolica degli antichi uomini greci. La civiltà rappresentata dall’Odissea appare più evoluta di quella dell’Iliade, cosicché i due poemi non possono appartenere ad una stessa epoca e ad un medesimo autore.


Hedelin e Vico sono conosciuti come i precursori della cosiddetta “ questione omerica”. Successivamente lo studioso Friedrich August Wolf giunse alla conclusione che i poemi omerici rappresentano il coagulo secondario di brevi canti concepiti e tramandati oralmente, e pertanto aperti ad ogni sorta di inserzioni e corruzioni. Wolf non arrivava a negare del tutto l’esistenza di Omero, ma lo identifica nell’autore di un nucleo che successivamente sarebbe stato ampliato e modificato.


Questa teoria venne ripresa più tardi da Gottfied Hermann, che argomentò l’esistenza di due canti di Omero sull’ira di Achille e sul ritorno di Odisseo, i quali si sarebbero poi estesi a formare l’Iliade e l’Odissea. La confutazione di una genesi unitaria dei poemi fu portata alle estreme conseguenze da Karl Lachmann, il quale postulò che i poemi fossero sorti dalla aggregazione, operata da Pisistrato, di canti separati all’origine, giungendo ad individuare nell’Iliade sedici o diciotto rapsodie distinte. All’Odissea si dedicò soprattutto Adolf Kirchhoff, secondo cui l’opera giunta a noi non è che l’esito maldestro del lavoro di tardo rielaboratore, il quale raccolse insieme alcuni poemi più brevi.


Invece la scuola opposta detta “unitaria” si appellava alla fede nella tradizione antica e alla grandezza poetica di Omero, autore unico dei due poemi.

Nei primi decenni del ‘900il filologo Ulrich Von Wilamowitz impostò la questione, formulandola su nuove basi.

Secondo Wilamowitz Omero sarebbe vissuto intorno all’VIII secolo a.C. e avrebbe raccolto attorno al motivo centrale dell’ira di Achille una serie di singoli canti e di brevi poemi rielaborandoli fino a dare forma a un’Iliade di vaste dimensioni.


Il novecento da segnato una energica ripresa della tesi unitaria. Questa corrente ama definirsi “neounitaria” e l’elemento che la contraddistingue è la rinuncia ad attribuire Iliade e Odissea a un unico momento genetico. Il più lucido propugnatore dell’intrinseca unità dell’Iliade è Wolfgang Schadewaldt, che ha avuto il merito di individuare nell’intero poema una sapiente rete di rimandi e di anticipazioni. Altri studiosi hanno creduto poi di rintracciare in canti di remotissima antichità, appartenenti all’impresa troiana o ad altre saghe i modelli avrebbero ispirato Omero per l’invenzione dei suoi poemi.

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