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Leibniz Gottfried Wihelm: origini e concezione della natura

Filosofo e scienziato Tedesco Leibniz apparteneva ad una famiglia della nobiltà colta, e rivelò assai precocemente straordinarie capacità di apprendimento.


Dopo una prima formazione essenzialmente umanistica, ancora quindicenne, prestò una particolare attenzione ai problemi di natura metafisica, nel 1663 si laureo con la tesi “De principio individui”. Ben presto il campo dei suoi interessi si estese tanto che è difficile trovare un aspetto della cultura scientifica e filosofica del tempo in cui Leibniz non ha dedicò un’attenta riflessione.

Uno dei problemi sui quali Leibniz si concentrò maggiormente negli anni giovanili e che rimarrà sempre al centro della sua riflessione, è quello della costruzione di una lingua universale, cioè una lingua concepita in modo tale da associare simboli semplici ad un numero esiguo di concetti semplici e da esprimere qualsivoglia concetto complesso attraverso simboli complessi risultanti da opportune combinazioni di simboli semplici.

Questo progetto d’arte combinatoria si ispira esplicitamente ad una tradizione metafisica che mira ad una ricostruzione della struttura dell’intero universo a partire da elementi o concetti fondamentali.

La novità di Leibniz consiste nella sistemazione rigorosa con cui egli determinare l’insieme dei concetti e i loro rapporti, e correlativamente, sul piano linguistico, nel tentativo di procedere ad una formalizzazione delle leggi sintattiche di combinazione dei segni attraverso la ricerca di opportuni algoritmi.

È in questo senso che l’indagine sulla cosiddetta caratteristica universale viene a saldarsi con il suo interesse per gli aspetti calcolistici (in particolare deduttivi) della logica e per i procedimenti formali della matematica e soprattutto dell’algebra. In effetti, l’idea che il pensiero umano sia descrivibile in base ad un alfabeto di simboli semplici regolati da rigorosi nessi sintattici è inscindibile dall’idea che esista un puro calcolo delle forme in generale, Leibniz si trova portato a formulare un’esigenza che sarà alla base degli sviluppi della moderna logica simbolica, ossia l’esigenza dell’assiomatizzazione del calcolo. Ma per Leibniz la logica non è solo, “ars demonstrandi”, ossia un insieme di procedure deduttive, ma anche “ars inveniendi”, vale a dire una logica della scoperta o dell’invenzione che ci fa penetrare “nell’interno segreto di tutte le cose”.

“… ho riconosciuto che la vera metafisica, dirà Leibniz, non è affatto diversa dalla vera logica, cioè dall’arte di inventare in generale; infatti la metafisica è la teologia materiale”.

 

La monade e l’armonia prestabilita

 
Secondo Leibniz, ogni sostanza è descrivibile autonomamente e costituisce quindi un mondo a parte, indipendente da ogni altra cosa, fuorchè da Dio”. Nasce così il concetto di “monade” cioè una sostanza semplice che possiede le seguenti proprietà: è inestesa, indivisibile, non può dissolversi così come non può avere un’origine naturale (una monade infatti può solo cominciare per creazione e terminare per annientamento).

Di conseguenza Leibniz afferma che non c’è un mezzo per spiegare come una monade possa essere alterata o modificata nella sua interiorità da qualche altra creatura… Le monadi non hanno finestre, attraverso le quali qualcosa possa entrare o uscire”.
Nasce da qui la dottrina dell’armonia prestabilita. Per chiarire questa dottrina, occorre tenere presente il concetto leibniziano di “espressione”, secondo il quale “una cosa esprime un’altra quando c’è un rapporto regolare e costante fra ciò che si dice dell’una e dell’altra cosa”.

Ora, la prerogativa di una monade è appunto di “esprimere” ciò che la circonda, di essere come un punto di vista sull’intero universo; è vero che la nozione individuale è autosufficiente, ma, nel creare le varie monadi, Dio non poteva che esprimere i principi logici, tenendo dunque conto, delle compatibilità reciproche.

Di qui la famosa immagine del creatore paragonato ad un orologiaio che, nel costruire parecchi orologi, ne dispone i meccanismi interni in modo da ottenere un perfetto accordo.
I principi che Dio ha seguito nel creare l’universo sono stati da lui scelti liberamente, ma d’altra parte, essendo uno degli attributi divini la perfezione, non poteva che rispettare quei principi la cui violazione avrebbe comportato un mondo contraddittorio o caotico, ciò che è impensabile per Dio.

Tuttavia ciò non spiega ancora perché Dio abbia creato proprio “questo” mondo, visto che la mente diviene può contemplare un numero infinito di altri mondi possibili, ognuno privo di contraddizioni.

La risposta di Leibniz, è che il creatore si è attenuto al principio del meglio, che è di natura morale, non logica, il quale l’ha portato a scegliere il migliore dei mondi possibili (ciò non significa che esso sia perfetto). Si tratta, più precisamente, di quel mondo che contiene la maggiore quantità d’essenza, di possibilità, cioè quello in cui esiste il maggior numero di cose fra loro compatibili. Così, quello ha indotto Dio a scegliere proprio quel mondo in cui esiste la più grande varietà di cose nella maniera più semplice ed elegante.

 

La concezione della natura secondo Leibniz


 
Per quanto riguarda la concezione leibniziana della natura, va rilevato che egli accetta l’impostazione meccanica della fisica del Seicento. Distaccatosi dai principi della fisica cartesiana, concepisce la materia come forza, secondo la quale la natura di un corpo non consiste nell’estensione ma “in un’azione che si ricollega all’estensione”.
La natura è continuità; nell’universo non esistono passaggi bruschi da un certo stato al suo contrario (per es. dal moto alla quiete) poiché esso contiene un’infinità di piccole sfumature.
 

Il contributo di Leibniz alla ricerca matematica


 
Il pensiero di Leibniz è una totalità organica all’interno della quale i vari aspetti (logica, metafisica, matematica ecc…) sono variamente interrelati.

Enormi contributi ha fornito Leibniz allo sviluppo della matematica moderna: importantissime le sue ricerche sul calcolo delle probabilità. A Leibniz si devono due tipi di calcolo cui sono rispettivamente collegati:

- il calcolo differenziale ed il calcolo integrale; risultato che egli conseguì attraverso l’elaborazione di algoritmi che presentavano tra l’altro importanti innovazioni e semplificazioni notazionali.
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