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Hobbes: Vita e pensiero

Hobbes nacque a Westport in Inghilterra nel 1588 e compì i suoi studi ad Oxford. La sua opera più importante è Il Levitano, ossia il potere e la forma di uno stato civile ed ecclesiastico. Altre opere sono: Il cittadino, Il corpo, e L’uomo. In questo periodo si affermarono due correnti filosofiche:


- il razionalismo con Cartesio, ma che ha le sue basi in Galileo; e

- l’empirismo che si affermò in Inghilterra e poi si diffuse in tutte le altre nazioni con Bacone.

Secondo l’empirismo non esiste una conoscenza razionale, ma l’unica conoscenza è quella che deriva dai sensi, basata sull’esperienza. Hobbes nega l’esistenza di idee innate, proprio in contrasto con quanto aveva sostenuto Cartesio, e sostiene che tutta la nostra conoscenza è basata sull’esperienza, perché non esiste la realtà spirituale ma tutta la realtà è materia. L’uomo è formato da materia, e di conseguenza non vi è nessuna differenza tra la realtà esterna e l’uomo. Sulla base di questa concezione materialistica, tutta la realtà è materia, principio del meccanicismo e principio di causa ed effetto. Tutto ciò, che determina un’alterazione di questa realtà materiale, è il movimento. Il principio di causa ed effetto, è basato sul movimento, altrimenti non ci potrebbe essere nessuna evoluzione, nessun effetto senza causa (es. ciò che determina la vita in noi è la circolazione del sangue attribuito a varie cause per es. trasformazione del cibo ecc…). la realtà materiale di cui parla Hobbes è dominata dal meccanicismo, provocato dal movimento. In questa concezione materialistica, la conoscenza è basata sulla sensazione, provocata dal movimento dell’oggetto esterno, che altera il movimento del soggetto, e si verifica la rappresentazione. Il rapporto soggetto-oggetto, è un rapporto che il soggetto subisce, perché io conosco quando entro a contatto con un oggetto esterno che provoca un’alterazione dentro di me; quest’alterazione parte dall’epidermide, perché i sensi si trovano sugli strati superficiali, e arriva al cuore, dal cuore va al cervello e qui si verifica la rappresentazione o fantasma dell’oggetto; si uniscono tutti gli elementi provenienti dai sensi, dal contatto con l’oggetto esterno. Il fantasma o rappresentazione, non è conoscenza, essendo la materia secondo Hobbes basata sul meccanicismo e sul principio di causa ed effetto: la conoscenza è conoscenza di cause. Il fantasma non mi dà la scienza, cioè la conoscenza dell’oggetto, ma solo una rappresentazione. Per poter conoscere veramente l’oggetto, è necessario utilizzare due procedimenti dell’analisi e della sintesi. Prima, occorre procedere alla scomposizione del fantasma, nei suoi elementi, e poi procedere alla ricomposizione, cioè alla sintesi. Accade che quando si scompone il fantasma, nei suoi elementi semplici, si hanno delle nozioni centrali, perché attraverso più rappresentazioni è possibile unificare gli elementi comuni, indicati con un nome specifico.

Per Hobbes, è un segno convenzionale, cioè il risultato di un rapporto, di una convenzione fra gli uomini, per indicare allo stesso modo le stesse cose, questo sempre per una funzione materiale cioè per ridurre i tempi della conoscenza.

Da ciò deriva che, il linguaggio ha un valore puramente convenzionale. Quindi non c’è nessuna corrispondenza tra il nome e la realtà oggettiva.

Secondo Hobbes il ragionamento è un calcolo di semi, semiotica:

ragione= uomo-animale;

uomo= animale+ragione;

animale= animale-ragione.

Secondo Hobbes le nozioni generali più comuni sono: spazio, tempo, corpo e movimento.
La nostra conoscenza, e la nostra esperienza implica che un corpo muovendosi nello spazio in tempi diversi è causa di movimento. Ecco perché si dice che, le nozioni fondamentali sono: spazio, tempo, corpo e movimento.

La filosofia di Hobbes si basa dunque sul:

- principio di causa ed effetto è il principio più importante di Hobbes;

- ogni cosa è corporea;

- tutto è causato dal movimento.

La scienza
, il ragionamento che è basato su un calcolo di semi non è legato alla realtà esterna. Per Hobbes, la realtà esterna, serve solo da stimolo esterno, arriva al cervello passa per il cuore e determina il piacere o il dolore. Lo stimolo esterno, di attrazione o repulsione determina l’azione:
prima si conosce poi si agisce.

Quindi l’etica, la morale è basata sulla conoscenza ed è sempre basato sul meccanicismo. Pur essendo in pieno materialismo meccanicistico, abbiamo una morale che è basata sul bene e sul male, che però non sono intesi in senso spirituale ma in senso materiale. Quindi, la morale di Hobbes si basa sull’egoismo, perché ogni azione è rivolta o all’attrazione o alla repulsione del dolore. In questo caso l’azione, prima di essere realizzata dal soggetto sarà il risultato di un ragionamento, cioè di una semiotica e questo ragionamento sarà basato sull’addizione e sulla sottrazione.

Addizione, perché ogni azione avrà degli svantaggi o dei vantaggi, si devono prima sistemare i vantaggi, poi addizionare gli svantaggi e poi sottrarre i vantaggi dagli svantaggi; se il numero dei vantaggi, è superiore agli svantaggi, allora l’azione sarà realizzata, se invece gli svantaggi sono superiori ai vantaggi, l’azione non sarà realizzata. Si giunge così ad un’etica essenzialmente egoistica ed utilitaristica, perché ogni azione non sarà se non il risultato di un ragionamento, basato sul calcolo dei vantaggi e degli svantaggi. La parte più importante della filosofia di Hobbes è la politica. Egli era un seguace degli Stuart e nella sua politica, egli volle giustificare il potere assoluto che gli Stuart volevano affermare. Nel Levitano che è l’opera politica più importante di Hobbes egli giustifica e teorizza lo stato assoluto, basato sull’autorità del sovrano la cui volontà è legge e dev’essere eseguita dai cittadini. Egli afferma che originariamente tutti quanti gli uomini vivevano liberi e questa assoluta libertà degli uomini si identifica nello stato di natura in cui l’uomo non è soggetto a nessuna legge ma tenta di affermare il proprio diritto su tutti e su tutto. Essendo lo stato di natura caratterizzato da questo tentativo di affermare il diritto assoluto di tutti i cittadini, è in realtà caratterizzato da una guerra di tutti contro tutti. Ma l’individuo si rende conto, che non può vivere nello stato di natura, perché questa guerra e questa continua difesa, che ognuno tenta di realizzare contro gli altri, per potersi affermare è controproducente, per la funzione di qualsiasi attività e perciò lo stato di natura è negativo per tutti. Gli individui, decidono di passare dallo stato di natura dominato dagli istinti alla legge di natura che si basa invece sulla ragione naturale e qui Hobbes si ricollega al giusnaturalismo. Questa legge di natura si basa su 3 principi:

- bisogna ricercare la pace ad ogni costo poiché la pace, è essenziale per lo svolgimento di
  qualsiasi attività produttiva;

- bisogna rinunciare al diritto su tutto, limitare il diritto su tutto anche il diritto di proprietà 
 perché solo limitando esso, è possibile assicurare la pacifica convivenza tra i cittadini (perché  la guerra è determinata dal desiderio di affermare un diritto di proprietà assoluto, cioè su tutto, invece bisogna limitare questo diritto);

- bisogna stabilire dei patti tra i cittadini ed essi devono essere osservati.
 
La legge di natura, che si basa su questi 3 principi: della pace, della rinuncia, della limitazione della proprietà e nell’osservanza dei patti è basata sulla ragione calcolatrice che basandosi su un calcolo opportunistico (cioè io voglio questo perché mi conviene) cioè limitato osserva i patti poiché indirettamente ciò mi conviene. Questa legge di natura, pur essendo basata sulla ragione di natura, non determina la pace perché non tutti gli individui sono disposti ad osservare questi principi. Vi sono invece individui che ritenendosi dotati di una maggiore forza rispetto agli altri, o di una maggiore ragione, ritengono di poter fingere di osservare i patti e di limitare il diritto su tutti e tutto ma che in realtà cercano di prevaricare su tutti quanti gli altri.
Da ciò si deduce che neanche la legge di natura è sufficiente per assicurare la pace tra gli uomini e a convertire lo svolgimento di attività produttive, proprio perché non è garantita ai cittadini l’osservanza di tutti questi principi. Questo stato nasce secondo Hobbes da un contrasto sociale ed è escluso il sovrano, perché egli ha la funzione di controllare sull’osservanza delle leggi e sull’applicazione della legge nel caso in cui esse venga infranta.
Il sovrano per poter svolgere questa funzione dev’essere escluso dal contratto sociale, perché se egli fosse inserito nell’osservanza della legge sarebbe necessario un nuovo organo di controllo che deve controllare se il sovrano rispetta le leggi. Hobbes attraverso il passaggio dallo stato di natura alla legge di natura e allo stato di diritto riesce a giustificare: l’assolutismo, ovvero il potere assoluto del sovrano. nella sua più grande opera il Levitano Hobbes si riferisce al mostro biblico cioè il sovrano che in terra rappresenta il Dio vivente ed il Levitano era il mostro biblico. Il contratto sociale non va a tutto vantaggio del sovrano che impone la sua volontà sui cittadini, ma va a vantaggio dei cittadini perché con esso la massa dei cittadini si trasforma da massa di individui in lotta tra di loro e in continua tentazione a prevaricare l’uno sull’altro, in una società civile, cioè in una società caratterizzata dalla possibilità di inserirsi in determinate  organizzazioni all’interno dello stato (es. il lavoro, la famiglie e lo studio).

Con il contratto sociale secondo Hobbes l’individuo cede allo stato la tutela di determinati diritti: di difesa, di offesa. E il diritto alla vita, alla libertà. Questi ultimi due diritti costituiscono il limite dell’attività del sovrano. Se il sovrano violasse questi due diritti il popolo si può ribellare.
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