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I tempi verbali nel testo narrativo

 
 

All’interno di un testo i tempi verbali possono svolgere diversi funzioni:

  • Indicano la successione cronologica dei fatti;
  • Segnalano l’aspetto dell’azione, ci dicono cioè se si tratta di azione durativa, puntuale o compiuta;
  • Rivelano l’atteggiamento dell’emittente nei confronti della materia trattata. Tale atteggiamento può essere di partecipazione o di distacco. Questo significa che l’emittente può sentirsi coinvolto in ciò di cui si sta parlando, oppure può avvertire come lontani da sé o superati gli eventi che racconta, per cui il suo atteggiamento e anche quello del lettore, sarà più distaccato. Nel primo caso userà i tempi commentativi, cioè il presente, il passato prossimo e i due futuri; nel secondo i tempi narrativi: l’imperfetto, il passato remoto e i trapassati.

I tempi commentativi vengono usati di solito nel discorso diretto in cui emittente e destinatario sono coinvolti in un dialogo che li impegna in prima persona, o quando il narratore interviene a commentare i fatti ed esprime un giudizio su di essi; o ancora quando fa delle considerazioni di carattere generale.

I tempi narrativi invece vengono usati solo per raccontare i fatti collocandoli nella sua successione cronologica e non presuppongono né l’intervento del narratore né il coinvolgimento del lettore.


Essi oltre a segnalare l’atteggiamento di distacco con cui sia l’emittente sia il destinatario si pongono nei confronti del testo, hanno anche un’altra funzione: creano la prospettiva. Facendo risaltare le azioni principali sullo sfondo di una serie di altri avvenimenti a cui il narratore ha scelto di dare minore rilievo.


Nella narrazione l’imperfetto e il trapassato prossimo sono i tempi di sfondo, il passato remoto e il trapassato remoto sono i tempi di primo piano.


Di solito le storie cominciano con un’introduzione in cui si hanno tempi di sfondo; i tempi di primo piano prevalgono nella parte centrale  dove si intrecciano a quelli di sfondo tutte le volte che l’autore inserisce descrizioni o circostanze secondarie; nella conclusione si torna nuovamente ai tempi di sfondo.


Naturalmente questo non è uno schema rigido e immutabile; ogni scrittore lo può cambiare a suo piacimento in relazione ai significati che vuole trasmettere.

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