All’interno di un testo i tempi verbali possono svolgere diversi funzioni:
I tempi commentativi vengono usati di solito nel discorso diretto in cui emittente e destinatario sono coinvolti in un dialogo che li impegna in prima persona, o quando il narratore interviene a commentare i fatti ed esprime un giudizio su di essi; o ancora quando fa delle considerazioni di carattere generale.
I tempi narrativi invece vengono usati solo per raccontare i fatti collocandoli nella sua successione cronologica e non presuppongono né l’intervento del narratore né il coinvolgimento del lettore.
Essi oltre a segnalare l’atteggiamento di distacco con cui sia l’emittente sia il destinatario si pongono nei confronti del testo, hanno anche un’altra funzione: creano la prospettiva. Facendo risaltare le azioni principali sullo sfondo di una serie di altri avvenimenti a cui il narratore ha scelto di dare minore rilievo.
Nella narrazione l’imperfetto e il trapassato prossimo sono i tempi di sfondo, il passato remoto e il trapassato remoto sono i tempi di primo piano.
Di solito le storie cominciano con un’introduzione in cui si hanno tempi di sfondo; i tempi di primo piano prevalgono nella parte centrale dove si intrecciano a quelli di sfondo tutte le volte che l’autore inserisce descrizioni o circostanze secondarie; nella conclusione si torna nuovamente ai tempi di sfondo.
Naturalmente questo non è uno schema rigido e immutabile; ogni scrittore lo può cambiare a suo piacimento in relazione ai significati che vuole trasmettere.