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Origini e pensiero filosofico di Benedetto Spinoza

Spinoza apparteneva ad una famiglia ebraica che aveva abbandonato il Portogallo a seguito dell’espulsione del 1467. Destinato a diventare rabbino, fu educato alla più rigorosa ortodossia biblica. Nella filosofia di Spinoza confluiscono la tradizione ebraica, quella medievale che si incontra con le dottrine neoplatoniche e rinascimentali e con il pensiero libertino e la filosofia matematica della natura che si era sviluppata tra il 500 ed il 600, in particolare con le formulazioni di Cartesio.


Uno degli sforzi fondamentali di Spinoza fu quello di esprimere con il linguaggio della nuova filosofia i contenuti della tradizione neoplatonica e libertina. Questa tendenza si manifestò già nel Breve trattato, finito forse nel 1600.

Qui Spinoza tenta di formulare in termini razionali, cioè indipendenti dai testi sacri, il contenuto della religione ebraico-cristiana. Dio è la causa infinita del mondo nello stesso senso in cui un principio geometrico è causa delle sue conseguenze. Poiché è infinito, Dio è la causa immanente al mondo, non distaccata da esso. Questa dottrina ha anche conseguenze pratiche, perché solo la conoscenza della sostanza infinita del mondo impedisce l’odio e i conflitti tra gli uomini: le inimicizie sono generate dai desideri che si fissano sulle cose terrene, e solo la ragione può produrre l’amore universale. A questi motivi si connette il De intellectus emendatione composto tra il 1661 ed il 1662 sul modello del Discorso del metodo di Cartesio.

Spinoza cerca il nuovo bene; le cose non sono in sé né buone né cattive e quelli che di solito vengono considerati beni( cioè ricchezze, potere e piaceri) sono essenzialmente motivo di turbamento, conflitto e addirittura morte. Il vero bene perciò consisterà non in una cosa singola o in un insieme di cose singole, ma nell’ordine che sussiste tra le cose. Per cogliere quest’ordine occorre procedere in base ad una conoscenza vera. La conoscenza consta di Idee ed ogni idea vera esprime l’essenza di una cosa. L’uomo può produrre idee false, ma queste sono costituite dall’associazione di idee in sé varie: perciò verità e falsità consistono nell’ordine corretto o scorretto che si instaura tra le idee. Lo strumento per stabilire un ordine corretto è la definizione: per dare la definizione di una cosa l’intelletto deve connettere quella cosa con la causa sua e deve rendere possibile la derivazione da quella cosa e di tutte le cose che ne dipendono. Ma esistono cose che è possibile definire indipendentemente da altre: esse sono infinite.

L’ordine autentico delle cose consiste allora nella derivazione delle idee delle cose finite dalle idee dell’infinità.

Le idee bene ordinate sono vere, cioè esprimono l’essenza delle cose. All’ordine delle idee corrisponderà perciò l’ordine delle cose, che risulteranno prodotte da una causa infinita.
La conoscenza del vero ordine delle cose costituisce la riforma dell’intelligenza liberata dal disordine causale ed il raggiungimento del vero bene.

Quest’ultimo è costituito dalla disposizione delle cose come effetti della causa infinita e dall’esercizio dell’intelligenza non disturbata. Mentre Cartesio aveva sostenuto la relativa indipendenza della Fisica, della Matematica e della Teologia, secondo Spinoza era possibile elaborare una teoria che connettesse direttamente Dio con il mondo, che permettesse di passare dai processi causali finiti alle cause infinite. Lo strumento per eseguire quest’operazione consisteva nel metodo: solo le entità infinite sono suscettibili di definizioni ma sicuramente esistenti.

Spinoza tentava di riformare la filosofia Cartesiana con un’esposizione rigorosamente geometrica dei principi di Cartesio. Scrive perciò tra il ’61 ed il ’65 L’Etica che parte dalla definizione della sostanza come quella che “è in sé e si concepisce di per sé”. Ne consegue che la sostanza è infinita, perché non ha nulla fuori di sé, ed è unica parte perché non ci possono essere due infiniti.

Aristotelicamente la sostanza è soggetto e causa. Come soggetto essa ha infiniti attributi, anche se noi ne conosciamo soltanto due: il pensiero e l’estensione. Come causa infinita essa comprende in sé i propri effetti, cioè è causa immanente. Ogni attributo costituisce in qualche modo l’essenza della sostanza. I modi dell’attributo- pensiero sono le idee, quelli dell’attributo-estensione sono i corpi.

Esistono modi infiniti come l’intelletto infinito per il pensiero, la natura per l’estensione.

L’ordine che regna è un ordine geometrico e meccanico insieme.

L’origine dei mali dell’uomo sta nell’ignoranza che, quando dà origine a credenze religiose gratuite si chiama superstizione. Alla critica della superstizione è dedicato il Tractatus theologico-politicus. Spinoza parte dall’esame critico delle Scritture e mostra che la Bibbia contiene le leggi dello stato ebraico. Le massime dei Profeti e degli Apostoli servono ad esortare all’obbedienza a Dio e a coltivare la giustizia e la carità. La superstizione nasce da un’errata comprensione di queste massime che diventano incomprensibili e misteriose. Il Tractatus theologico- politico ed il Tractatus politicus illustrano come si costituisce il potere politico: esso nasce sì da un contratto con cui i sudditi alienano i loro diritti naturali in favore di un potere sovrano, ma lo scopo di questo contratto è la tranquillità e la sicurezza dei sudditi. Perciò lo stato ha poteri solo fino a quando garantisce questi beni ai cittadini e quindi il sovrano non ha il diritto di eliminare le libertà di pensiero e di espressione, che sono inalienabili. Pochi uomini illuminati che devono battersi contro il fanatismo delle folle ignoranti, possono tutelare il bene collettivo, proteggendo con le leggi e la forza l’interesse di ciascuno. Il vero nemico da combattere è costituito dall’ignoranza.
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