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Giacomo Leopradi - Vita e pensiero



Giacomo Leopardi nacque a Recanati nel 1798 e morì a Napoli nel 1837. Apparteneva ad una famiglia non nobile, ma ricca; trascorse l’infanzia e la giovinezza nel proprio paese definito dallo stesso come “selvaggio” a significarne l’arretratezza sociale e culturale.

Egli fu costretto a vivere nell’isolamento

- sia perché il modo di pensare di allora non permetteva i rapporti tra i giovani appartenenti a ceti sociali differenti,

- sia perché non poteva trovare amicizie nell’ambiente del paese. Sin dall’infanzia si dedicò allo studio dei libri della biblioteca del padre, in cui si rinchiudeva intere giornate, non avendo altri svaghi e si era formato una vasta cultura studiando da solo.

L’esclusione dal mondo degli affetti e delle amicizie di cui aveva bisogno lo condannarono all’infelicità e al dolore. Con il trascorrere degli anni maturò una concezione pessimistica della vita che con gli anni si evolse sempre di più.

Il rapporto di Leopardi con la natura appare inconciliabile improntato:

- da un lato sull’amore,

- dall’altro sull’odio.

Convinto della sua infelicità in una realtà in cui la natura appare come buona e bella ed in cui gli uomini sono felici giunse a convincersi che l’infelicità e la tristezza sono comuni a tutti gli individui e a tutto l’universo. Egli proietta il dramma della sua esistenza in una dimensione universale che coinvolge tutta la natura e gli uomini.

Secondo Leopardi la ragione è un dono malefico perché ci permette di esser coscienti del vero stato umano distruggendo così le illusioni giovanili.

Il dolore
secondo il poeta è una situazione universale che addolora e ferisce sia gli individui riflessivi sia gli illusi. Secondo Leopardi inoltre nel mondo non vi è spazio per la fede in una vita soprannaturale, poiché gli individui destinati alla riproduzione e alla morte.

Dopo le illusioni della gioventù l’infelicità della condizione umana giunge alla vecchia e si conclude con la morte.
 
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