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L’epicureismo a Roma


Breve riassunto sull'epicureismo a Roma. La filosofia vista come rimedio ai mali dell'uomo.

Gli anni seguiti alla morte di Silla furono accompagnati da vicende culturali di primaria importanza nella vita romana. L’influenza della cultura greca, che nei periodi precedenti era stata oggetto di profondi contrasti, è stata assorbita nelle strutture culturali e intellettuali romane.

I tempi particolarmente travagliati da vicende politiche, sociali e civili costituiscono, negli anni che seguono alla morte di Silla, l’humus favorevole per fare attecchire i precetti delle dottrine filosofiche greche, che trovano in Roma non pochi cultori e banditori. Da parte dei Romani, si manifesta un sempre crescente interesse per molte dottrine filosofiche, come il pitagorismo e lo stoicismo.

Un peso determinante nella fissazione di modelli culturali nuovi e nella produzione letteraria ebbe la diffusione della dottrina di Epicuro, che poneva l’accento sulla rivalutazione dell’uomo e che veniva ad affiancarsi a quell’ideale di humanitas che col passare del tempo si era radicato nelle coscienze. In tempi difficili come quelli che Roma stava vivendo riusciva quanto mai suggestivo il richiamo di una filosofia che predicava l’isolamento dalla vita politica, che indicava la serenità della campagna come medicina ai mali della vita cittadina.

Rimedio supremo ai mali dell’uomo è per Epicuro la filosofia. Attraverso l’esercizio di essa, l’uomo può riconquistare se stesso e la propria serenità e giungere a quella condizione felice che coincide col piacere.

“ Limite della grandezza dei piaceri è l’eliminazione di ogni dolore ”, afferma Epicuro in una delle sue Sentenze capitale. La morte stessa, l’ineluttabile fra i mali dell’uomo, non esiste, non è una malattia, anzi è l’assenza di ogni malattia, così come è la fine di ogni piacere, dunque non vi è ragione di temerla.

Alla stessa maniera non c’è ragione di temere gli dei, essi esistono , come vuole la credenza comune, ma sono separati dagli uomini, sono privi di passioni e non sottoposti a nulla. Ma l’uomo, pur liberato dal timore della morte e della divinità, non può giungere alla felicità del piacere, se non si libera dell’ignoranza e dalla stoltezza che non gli consentono di guardare correttamente la realtà. Questo è per Epicuro il compito della filosofia, che attraverso la sapienza, dà all’uomo la visione della realtà quale essa è, al di fuori di ogni falsa credenza e di ogni convenzione e istituzione che ne condiziona la vita.

Se è facile comprendere quanta presa potesse avere la dottrina di Epicuro, carica di potenziale rivoluzionario, è altrettanto facile capire come essa fosse avversata da molti, come per esempio Cicerone, arroccati sui valori tradizionali e preoccupati di mettere in salvo l’ideologia repubblicana, che si avviava ormai al tramonto. E ciò perché sostanzialmente la dottrina di Epicuro finiva con l’affermare l’uguaglianza fra gli uomini e faceva apparire come immotivato il principio che una classe, quella aristocratica, doveva reggere il destino di tutto il popolo.



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