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La lotta tra l'Impero e i comuni

 


I Comuni rafforzavano le proprie istituzioni approfittando della lotta per le investiture fra impero e papato, della Crociate e della crisi dinastica sorta alla morte, senza eredi di Enrico V nel 1125 in Germania. Dopo la sua morte ebbero inizio 25 anni di guerre civili fra le due casate feudali dei: guelfi e dei ghibellini. Solo con l’elezione di Federico I di Svevia si concluse la crisi del Sacro Romano Impero.


Federico I
aveva dimostrato le sue qualità di condottiero e uomo di stato, egli dimostrò di voler restaurare il Sacro Romano Impero. Sostenne il principio che nel mondo doveva esistere un solo impero ed un solo imperatore e si propose come continuatore dell’opera di Carlo Magno e di Ottone I. Il suo programma era quello di riorganizzare l’impero e di restaurare l’autorità imperiale.


In Italia i Comuni si erano sottratti al contro dell’Impero, avevano proprie leggi magistrati e milizie ed avevano dato vita a piccole città-stato autonome.


Federico I detto Barbarossa
per il colore della sua barba, appariva come un’usurpazione del potere del sovrano che apparteneva esclusivamente all’imperatore, al quale spettava di emanare le leggi, riscuotere le tasse, battere moneta ed assoldare magistrati.

Nella Germania riuscì a riportare la pace, e affermò la propria supremazia in Boemia, sulla Danimarca e in Ungheria.


La sua opera si rivolse poi all’Italia con lo scopo di sottomettere alla sua autorità i Comuni ed il papato e di riconquistare l’Italia meridionale occupata dai Normanni.


Nel 1154 giunse in Italia nel frattempo a Roma si era formato un libero Comune autonomo dal papa e sostenuto da Arnaldo da Brescia.


Federico I assunse il ruolo di protettore del papato, fece arrestare e consegnare al papa il monaco ed in cambio ottenne l’incoronazione di imperatore nel 1155.

Nel 1158 tornò in Italia ed a Roncaglia stabilì una Dieta alla presenza dei signori feudali e dei rappresentanti e giuristi del Comune ed emanò un elenco di diritti che spettavano solo all’imperatore:


-il diritto di batter moneta;


-nominare magistrati;


- e riscuotere dazi.


Proibì inoltre che i Comuni si facessero guerra e pretese di nominare i consoli inviando in ogni città propri rappresentanti muniti di pieni poteri.


La reazione dei Comuni fu immediata.
Sorse la Lega veronese tra Verona, Treviso, Padova e Vicenza.


Nel 1167 i rappresentanti delle città di Bergamo, Brescia, Milano e Mantova si riunirono a Pontida e formarono la Lega Lombarda.


Federico scese nuovamente in Italia per distruggere le forze avversarie, ma a Legnano nel 1176 il suo esercito fu sconfitto dai soldati della Lega Lombarda.


Dopo sette anni fu costretto a trattare la pace con il papa e con i Comuni.

Nel 1183 fu firmata la pace di Costanza, Federico I concesse ai Comuni

  • di eleggere liberamente i consoli,
  • di stringere alleanze e
  • riconobbe valide le legge da loro emanate.

I Comuni a loro volta giurarono fedeltà all’imperatore e accettarono di pagare le spese d’alloggio all’esercito imperiale ogni volta che fosse sceso in Italia; inoltre i consoli potevano ricevere l’investitura dall’imperatore.

In tal modo i Comuni:

  • potevano governarsi in maniera autonoma;
  • stringere alleanza;
  • godere delle regalìe fino ad allora negate.

Per facilitare la penetrazione in Italia meridionale Federico fece sposare Enrico VI, con Costanza d’Altavilla erede del regno normanno in Sicilia; ciò consentì di estendere il controllo imperiale sulla parte meridionale della penisola italiana. Enrico VI morì lasciando il regno di Sicilia senza eredi.


A 70 anni Federico partecipò alla terza crociata durante la quale morì nel 1190.

A Federico I seguì il nipote Federico II. Con l’aiuto di papa Innocenzo III alla cui tutela la madre Costanza, l’aveva affidato cinse la corona di re di Sicilia.

A 14 anni era a capo del regno che Innocenzo III considerava vassallo della Chiesa e la cui corona doveva restare separata dall’Impero.

Innocenzo III fu una delle personalità più importanti del Medioevo; egli si considerava capo spirituale e temporale del mondo intero.

Il papa era il rappresentante di Cristo sulla terra. Le due spade temporale e spirituale spettavano al pontefice, che può concedere l’uso della spada all’imperatore il quale però, non è altro che il difensore della Chiesa.

Alla morte di Enrico VI, Innocenzo III cercò di dominare tutti gli avvenimenti più importanti, ma Federico II era deciso a far valere i suoi diritti di sovrano e a liberarsi della soggezione al papa.


Federico II risiedeva a Palermo che divenne punto di incontro di uomini e culture diverse. La sua corte diventò un centro culturale, dove fiorì la scuola poetica siciliana che per prima usò nei componimenti poetici il volgare italiano invece del latino.

Nonostante la promessa fatta ad Innocenzo III


Federico II, riuscì ad unire sul suo capo le due corone di re di Sicilia e di imperatore del Sacro Romano Impero. Federico in Italia riprese la politica del nonno sia nei confronti del papato sia dei Comuni, cercando di costituire un regno unitario ed indipendente dalla Chiesa.

Egli volle creare una grande monarchia con poteri assoluti, migliorò la vita economica proteggendo i contadini e restituì alla Sicilia la libertà dei commerci.

Amministrò il regno mediante una fitta rete di burocrati che dovevano rendergli puntualmente conto del proprio operato.


Così mentre nell’Italia settentrionale si andavano rafforzando i liberi Comuni, nelle terre meridionali di Federico II egli accentrava nella monarchia ogni potere.


Baroni ed università dovevano sottostare al controllo di funzionari nominati dallo stesso Federico. Ammiratore della cultura araba non era favorevole a muovere una crociata contro i musulmani, nonostante da ragazzo aveva promesso al papa di organizzarne una. Tentò sempre di rinviarla ma non potendo più rimandare intraprese la sesta Crociata portata a termine in modo originale: invece di combattere nel 1229 concluse un accordo con il sultano d’Egitto, dal quale ottenne la restituzione ai cristiani di Gerusalemme. L’accordo non piacque al papa che lo scomunicò. Contro di lui si ricostituì la Lega lombarda. Alcune citta ghibelline si schierarono dalla parte dell’imperatore mentre i guelfi si opposero al suo sforzo di creare in Italia una monarchia.


La lotta fu aspra, in un primo momento Federico riuscì a sconfiggere l’esercito della Lega a Cortenuova, nel 1237 (presso Bergamo), ma nel 1248 le forze comunali inflissero una forte sconfitta all’esercito dell’impero ed un anno dopo a Fossalta i Bolognesi imprigionarono il figlio dell’imperatore: Enzo.


Alla morte di Federico nel 1250 successe il figlio Manfredi che tentò di continuare la lotta ma morì combattendo contro Carlo d’Angiò. Due anni dopo Corradino della casa di Svevia fu fatto decapitare. Gli Angioini si insediarono a Napoli, e l’Italia e la Germania vennero entrambe sottratte al controllo dell’impero.


Carlo I d’Angiò trasportò la capitale da Palermo a Napoli, ma le forti tasse fecero scoppiare una rivolta a Palermo. Nel 1282 il 31 marzo un soldato francese compì un gesto irriverente nei confronti di una donna all’ora dei vespri; per questo motivo l’insurrezione passò alla storia col nome di Vespri siciliani.


Dilagò un’insurrezione ed in aiuto dei rivoltosi intervenne Pietro III d’Aragona. Scoppiò una guerra tra Angioini ed Aragonesi da un lato e Siciliani dall’altro, che terminò con la pace di Caltabellotta del 1302, che assegnava la Sicilia agli Aragonesi e l’Italia meridionale agli Angioini.

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