Accedi Registrati

Accedi al tuo acconut

Nickname *
Password *
Ricordami

Crea il tuo profilo

I campi contrassegnati con un asterisco sono obbligatori
Nome *
Nickname *
Password *
Verifica password *
Email *
Verifica email *
Captcha *
Reload Captcha

I moti del 1848 e la caduta della Repubblica Romana

 

Il 16 giugno del 1846 venne eletto Pontefice il Cardinale Mastai-Ferretti col nome di Pio IX. Egli concesse subito un’amnistia ai condannati politici, attuò alcune riforme amministrative, concesse una certa libertà di stampa ed approvò la costituzione della Guardia Civica. Vennero così i primi mesi del 1848, e mentre in Toscana, nello Stato della Chiesa e nel Regno Sabaudo vi furono riforme, i principi sembravano cedere ai desideri delle popolazioni, così non era nel Lombardo-Veneto, dove l’Austria continuava ad un regime poliziesco, e nel Regno delle Due Sicilie. Ma proprio in Sicilia scoppiò un’aperta rivolta, nel gennaio 1848 ed il Re Ferdinando II di Borbone fu costretto a concedere non solo parziali riforme, ma addirittura la Costituzione. Sulla stessa via dovettero allora mettersi il Granduca di Toscana, Carlo Alberto Re di Sardegna, e Pio IX.


Se in altri Paesi d’Europa vi era meno malcontento che in Italia perché non vi era  occupazione straniera, però dappertutto si desideravano governi più liberali e innovazioni nell’assetto degli Stati.


Fu così che, là dove i governi rifiutarono le riforme richieste, scoppiarono improvvisamente e quasi contemporaneamente le rivoluzioni:


prima a Parigi, dove il Re Luigi Filippo fu rovesciato e proclamata la Repubblica, poi a Berlino e a Vienna. I principi dovettero promettere la Costituzione, la Guardia Civica ed altre riforme.

Già prima del marzo 1848 si ebbero nel Lombardo-Veneto sommosse. Quando giunse la notizia della rivoluzione di Vienna, scoppiò la ribellione generale. Il 17 marzo insorse a Venezia, liberò i prigionieri politici, cacciò le truppe austriache e proclamò la Repubblica di San Marco, con un governo provvisorio di cui erano membri principali Daniel Manin e Niccolò Tommaseo. Il giorno dopo insorse a Milano, e qui la resistenza austriaca fu più tenace, perché vi era un esercito di oltre ventimila uomini, col Maresciallo Radetzky. La lotta per le vie della città, dove i cittadini avevano eretto barricate durò cinque giorni (Cinque giornate di Milano 18-22 marzo del 1848). Finalmente, fallito il tentativo austriaco di assediare Milano, la città rimase libera.


Lo stesso avveniva in tutte le altre città della Lombardia e del Veneto, tranne che in quelle del Quadrilatero, le quattro fortezze di Peschiera, Verona, Mantova e Legnano, in cui gli Austriaci si ritirarono per resistere.


I Principi italiani, spinti dalle popolazioni, si mossero allora per la guerra all’Austria; il più pronto fu Carlo Alberto, che vedeva la possibilità di ampliare il suo Stato verso la Lombardia e il Veneto. Il 23 marzo 1848 l’esercito piemontese passava il Ticino.

Gli altri principi, meno direttamente interessati, parteciparono alla guerra in modo meno deciso.


Dalla Toscana vennero quasi soltanto volontari, in gran parte studenti. Il Papa e il Re di Napoli, inizialmente mandarono i loro eserciti contro gli Austriaci, ma in seguito se ne pentirono e li richiamarono.


Per qualche mese, sembrò che i Piemontesi, potessero cacciare gli Austriaci dall’Italia. Arrivato al Mincio, Carlo Alberto assediò e prese Peschiera ed a Goito respinse un attacco austriaco ritardato dalla resistenza dei volontari toscani a Curtatone e Montanara; ed intanto la Lombardia ed il Veneto si erano unite al Piemonte in un unico Stato.

Ma in seguito giunsero a Radetzky molti rinforzi, ed egli potè rioccupare quasi tutto il Veneto e volgersi poi con tutte le sue truppe contro Carlo Alberto: fu la sfortunata battaglia di Custoza nel 1848 che costrinse i Piemontesi ad abbandonare la Lombardia, e a firmare un armistizio (armistizio Salasco, così detto dal generale che lo firmò). Di fronte alla sconfitta, gli Italiani non si diedero per vinti e ne attribuirono la colpa, alla condanna indecisa dei sovrani; questi furono quindi spodestati, come accade in Toscana con Guerrazzi, a Roma con un triumvirato, composto da Aurelio Saffi, Giuseppe Armellini e, più influenzate di tutti, Giuseppe Mazzini. Questi nel febbraio 1849 riuscì a realizzare in parte il suo programma, facendo proclamare la Repubblica Romana.


Rimasero sui loro troni invece, il Re di Napoli, che represse duramente ogni rivolta e Carlo Alberto che riprese le ostilità contro l’Austria. Il momento era infelice, perché l’Impero austriaco aveva superato la sua crisi interna. Inoltre l’esercito piemontese fu mal guidato da un generale polacco. Risultò quindi facile al Radetzky sconfiggerlo in tre soli giorni di guerra culminati nella battaglia di Novara. Carlo Alberto fu costretto ad abdicare ed il figlio Vittorio Emanuele II concluse l’armistizio a Vignale presso Novara.


 

La caduta della repubblica romana



Intanto gli Austriaci riportarono sul trono i Duchi di Parma e Modena ed il Granduca di Toscana. Contro la repubblica romana mossero invece, oltre gli Austriaci anche Spagnoli, Francesi e Borbonici di Napoli. Per qualche mese Garibaldi riuscì a tenere testa a tutti, sconfisse i Francesi a Porta San Pancrazio ed i Borbonici a Palestrina e Velletri.

Ai primi di giugno 1849, il generale francese Oudinot attaccava di nuovo.


Garibaldi ed i suoi volontari, venuti da ogni parte d’Italia, resistettero tenacemente sul Gianicolo e fra le sue ville (Villa Spada, Villa Corsini, Villa Pamphili, il Vascello), li caddero Goffredo Mameli e Luciano Manara.

Infine i Francesi entrarono a Roma restaurando il governo papale.


Garibaldi con i suoi volontari superstiti avrebbe voluto raggiungere Venezia che ancora resisteva. Compì un’epica marcia attraverso il Lazio, l’Umbria, la Toscana e le Marche, fino alla costa adriatica, ma non potè arrivare per mare a Venezia e dovette sbarcare nelle paludi presso Comacchio; lì moriva la moglie dell’eroe Anita, mentre Garibaldi potè a stento scampare, alle ricerche degli Austriaci, e riprendere la via dell’esilio.


La Repubblica di Veneta volle, benchè isolata, resistere all’Austria ad ogni costo. Solo il 23 agosto 1849 essa si piegò alla resa. Così alla fine del 1849 tutto in Italia era tornato come prima. Ma molti italiani passato il momentaneo scoraggiamento, avrebbero ripreso, con maggiore serietà a lavorare per il Risorgimento d’Italia.

Immagine relativa alla pagina fan di facebook     Diventa nostro fan
    e seguici su facebook
      


Immagine relativa al canale twitter     Segui il nostro
    canale
Twitter
Privacy Policy - Personalizza tracciamento pubblicitario