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Il ruolo della Chiesa nella società feudale

 
La Chiesa svolse un ruolo importante nel violento mondo feudale, predicando la pace, trasformando i cavalieri da rudi e spregiudicati avventurieri in difensori dei deboli.


Diocesi, parrocchie e monasteri dipendevano dal signore feudale, come dipendevano tutti gli abitanti del feudo, nessuno escluso.


Con l’imperatore Ottone I, questo fenomeno si accentuò sempre più. Egli attribuì ai vescovi e agli abati l’amministrazione di territori nei quali vi era la Chiesa cattedrale e sui quali essi esercitavano già il potere spirituale.

Ciò significava sottrarre all’amministrazione del feudatario laico territori sempre più estesi.

In ogni feudo venivano collocato i grandi feudatari ecclesiastici, legati al sovrano da vincoli di fedeltà per la nomina ricevuta.


Vi furono perciò i cosiddetti vescovi-conti quei vescovi e quegli abati che amministravano i territori appartenenti alla Chiesa e al monastero. Ottone I volle che l’elezione del papa fosse soggetta al controllo dell’imperatore: ciò significava che il papa, scelto dai cardinali e dai vescovi delle diocesi, prima ancora d’essere consacrato doveva prestare giuramento di fedeltà all’imperatore alla presenza dei messi imperiali e del popolo romano.


Tutto ciò giovava all’imperatore ma era di danno alla Chiesa. Molti erano coloro che incapaci ed indegni venivano investiti sia del titolo di vescovo sia di quello di feudatario.


Molti erano coloro che praticavano la simonia, ossia che comperavano o vendevano cariche ecclesiastiche. La reazione a tale stato di cose, venne da alcuni Ordini religiosi che avevano riformato la loro Regola.


All’origine del movimento di Riforma vi fu il monastero benedettino di Cluny, in cui si affermò la necessità che la Regola benedettina del prega e lavora fosse osservata e che i monaci conducessero una vita austera. A Cluny i monaci avevano creato un centro di vita religiosa e di studio. Tale movimento si estese ad altri monasteri collegati fra di loro, e non soggetti al controllo dei vescovi locali, ma dipendenti tutti direttamente dall’autorità del pontefice.

Il movimento cluniacense agiva con la predicazione e con la dottrina. A Milano nel frattempo sorsero i patarini così chiamati per disprezzo degli avversari che riuscirono, dopo aspre lotte a cacciare l’arcivescovo simoniaco dalla città e ad esprimere dal loro seno Anselmo da Baggio. Il movimento riuscì a raggiungere i vertici della Chiesa nella seconda metà del secolo XI, quando furono eletti i due papi riformatori: Niccolò II e Gregorio VII.


Nel 1059 Niccolò II proibì ai fedeli di assistere alle Messe celebrate dai preti simoniaci e annullò tutte le ordinazioni sacerdotali avvenute attraverso l’investitura dell’imperatore. Altrettanto deciso a riformare la Chiesa fu Gregorio VII che procedette con decisione nella questione delle investiture. Egli rinnovò la proibizione ai vescovi di ricevere l’investitura ecclesiastica da parte dell’imperatore e vietò ai laici di concederla. Il delitto di simonia colpiva: sia chi riceveva l’investitura, sia chi la concedeva.


Egli affermò inoltre il cosiddetto Dictatus papae grazie al quale il pontefice riceveva direttamente da Dio la sua autorità e quindi a lui dovevano sottomettersi: i vescovi, i re e lo stesso imperatore.


Alle richieste del papa si oppose Enrico IV che lo scomunicò sciogliendo i feudatari dall’obbligo di fedeltà nei suoi confronti. In Germani i feudatari reclamavano la deposizione di Enrico IV  se entro un anno non si fosse riconciliato con il papa. Nel 1077 Enrico IV scese in Italia per ottenere il perdono, e giunto nel castello di Canossa dopo tre giorni di penitenza, fu ricevuto dal papa, per intercessione della contessa Matilde di Canossa, e liberato dalla scomunica.


Ma la lotta continuò con i due successori di Enrico IV fino a quando non si giunse ad un compromesso nel 1122 con il Concordato di Worms.

Il Concordato di Worms stabiliva che:


- l’investitura ecclesiastica spettava al re;


- l’investitura temporale spettava all’imperatore;


- e l’imperatore rinunciava a ogni interferenza nell’elezione del papa.


Dopo cinquant’anni si concludeva così la lotta per le investituire con un compromesso.

Ma la lotta per le investiture ebbe un’altra conseguenza: all’interno della Chiesa il ruolo del papa divenne sempre più importante. Con Niccolò II e Gregorio VII, il papato divenne la vera guida nella lotta per l’autonomia della Chiesa rispetto all’Impero.

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