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I limiti dell'amicizia – Versione latino Maiorum Lingua Vol C



I limiti dell’amicizia
Versione di latino tradotta dal Libro Maiorum Lingua Vol C Pagina 170 Numero 248


Quatenus amor in amicitia progredi debeat. Numne, si Coriolanus habuit amicos, ferre contra patriam arma illi cum Coriolano debuerunt? num Vecellinum amici regnum adpetentem, num Maelium debuerunt iuvare?Ti. quidem Gracchum rem publicam vexantem a Q. Tuberone aequalibusque amicis derelictum videbamus. At C. Blossius Cumanus, hospes familiae vestrae, Scaevola, cum ad me, quod aderam Laenati et Rupilio consulibus in consilio, deprecatum venisset, hanc ut sibi ignoscerem, causam adferebat, quod tanti Ti. Gracchum fecisset ut, quidquid ille vellet, sibi faciendum putaret. Tum ego: 'Etiamne, si te in Capitolium faces ferre vellet?' 'Numquam' inquit 'voluisset id quidem; sed si voluisset, paruissem.' Videtis, quam nefaria vox! Et hercule ita fecit vel plus etiam quam dixit; non enim paruit ille Ti. Gracchi temeritati sed praefuit, nec se comitem illius furoris, sed ducem praebuit. Itaque hac amentia quaestione nova perterritus in Asiam profugit, ad hostes se contulit, poenas rei publicae graves iustasque persolvit. Nulla est igitur excusatio peccati, si amici causa peccaveris


Traduzione

In primo luogo vediamo fin deve spingersi l'amore nell’amicizia. Se Coriolano ebbe amici, avrebbero dovuto afferrare le armi contro la patria insieme a lui? E quando Vecellino e Melio ambivano alla tirannide, gli amici avrebbero dovuto seguirli? Tiberio Gracco provocava disordini contro lo Stato, Quinto Tuberone e gli altri amici suoi coetanei lo abbandonarono, come abbiamo visto. Invece Caio Blossio di Cuma, ospite della vostra famiglia, Scevola, quando venne da me a implorare il perdono, perché ero membro della commissione d'inchiesta con i consoli Lenate e Rupilio, per discolparsi diceva di aver ammirato tanto Tiberio Gracco da credere suo dovere il soddisfare ogni sua decisione. Allora io: «Anche se ti avesse chiesto incendiare il Campidoglio?» «Non mi avrebbe mai chiesto una cosa simile»; «In quel caso, però, avrei obbedito.» Vedete che parole infami! E lo fece davvero, anzi  fece di più di quanto aveva detto, non obbedì alla temerarietà di Tiberio Gracco, ma la fomentò, non si offrì come partecipe della sua follia, ma come guida. E così, smarrita totalmente la testa, per paura dell'inchiesta straordinaria, riparò (andò ) in Asia, passò al nemico e pagò allo Stato una dura pena, ma giusta. Dunque, dire di aver compiuto un reato per un amico non è una giustificazione. Se infatti è stata la tua fede nella virtù a conciliarti l'amicizia, difficilmente l'amicizia resisterà se rinunci alla virtù.
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