Consul fuit cum L. Valerio Flacco, cum sorte provinciam habuisset Hispaniam citeriorem, exque ea triunphum deportavit. Ibi cum diutius fuisset, P. Scipius Africano consul iterum, cuius in priore consolatu quaestor fuerat, decrevit eum de provinciam depellare et ipse ei succedere, neque hoc per senatum adutinere potuit, cum quidem Scipio principatum in civitate haberet, quod tum Romani non potentia, sed iure rem publicam administrabat. Qua re cum senatui succensuisset cumque consolatum peregisset, privatus in urbe mansit. At Cato, censor cum eodem Flacco, severe praefuit ei potestati. Nam et in complures nobiles animadvertit et multas res novas in edictum addidit ut Romani luxuriam eprimerent, quae iam tum incipiebat pullurare. Circiter annos octaginta, usque ad extremam aetatem ab adulescentia rei publicae causa suscipere inimicitas non destitit. Cum multi eum temptavissent non modo nullum detrimentum fecit sedem, quod vixit, virtutem laude crevit.
Traduzione
Fu console con Valerio Flacco, dopo che ebbe in sorte la provincia della Spagna Citeriore, e da questa riportò un trionfo. Poiché rimanenva là troppo a lungo, Publio Sipione Africano console per la seconda volta, durante il cui primo consolato era stato questore, sancì di allontanarlo dalla provincia e di sostituirlo egli stesso e non poté conseguire ciò per mezzo del senato, sebbene Scipione avesse certamente il potere nella città, poiché a quel tempo i Romani amministravano lo Stato non con il potere ma con il diritto. Per questo motivo essendosi irato contro il senato e dopo aver concluso il consolato, rimase in città come privato cittadino. Ma Catone, censore con lo stesso Flacco, fu a capo severamente di questa magistratura. Infatti punì sia molti nobili sia aggiunse molte novità nella legge affichè i Romani frenassero il lusso che già allora iniziava a diffondersi. Per circa ottant'anni, fino all'età estrema a partire dalla giovinezza, non cessò di suscitarsi inimicizie a causa dello Stato. Sebbene molti avessero provato di danneggiarlo non solo non patì nessun danno, ma fino a quando visse crebbe nella lode delle sue virtù.