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Un esempio della clemenza di Alessandro Magno - Littera Litterae Vol 2D



Un esempio della clemenza di Alessandro Magno
Versione di latino tradotta dal Libro Littera Litterae Vol 2D Pagina 166 Numero 6



Ex captivis Sogdianorum ad regem XXX nobilissimi corporum robore eximio perducti erant. Qui ut per interpretem cognoverunt iussu regis ipsos ad supplicium trahi, carmen laetantium modo canere, tripudiisque et lasciviori corporis motu gaudium quoddam animi ostentare coeperunt. Admiratus est rex tanta magnitudine animi oppetere mortem, revocari eos iussit, causam tam effusae laetitiae, cum supplicium ante oculos haberent, requirens. Illi, si ab alio occiderentur, tristes morituros fuisse respondent; nunc a tanto rege, victore omnium gentium, maioribus suis redditos honestam mortem, quam fortes viri voto quoque expeterent, carminibus sui moris laetitiaque celebrare. Tum rex admiratus magnitudinem animi: "Quaero", inquit, "an vivere velitis non inimici mihi, cuius beneficio victuri estis?" Illi nunquam se inimicos ei, sed bello lacessitos se inimicos hosti fuisse respondent: si quis ipsos beneficio quam iniuria experiri maluisset, certaturos fuisse, ne vincerentur officio. Interrogantique, quo pignore fidem obligaturi essent, vitam quam acciperent pignori futuram esse dixerunt; reddituros quandoque repetisset. Nec promissum fefellerunt. Nam, qui remissi domos erant, fide continuere populares; quattuor inter custodes corporis retenti nulli Macedonum in regem caritate cesserunt.


Traduzione
 
Erano stati tradotti dal re trenta dei più nobili prigionieri dei Sogdiani, di straordinaria gagliardia fisica. Essi, quando tramite un interprete vennero a sapere che per ordine del re erano condotti al martirio, iniziarono ad intonare un canto come chi è gioioso, e con danze e movimenti abbastanza lascivi del corpo a manifestare una specie di allegria dell’animo. Il re si sorprese che andassero incontro alla morte con tanta grandezza d’animo, li fece richiamare, domandando la ragione di tanta incontenibile allegria, pur avendo il martirio dinanzi agli occhi. Quelli risposero che sarebbero morti tristi, se fossero stati uccisi da qualcun altro; ora invece, restituiti ai propri antenati da un re così grande, vincitore di tutte le genti, festeggiavano con canti della propria tradizione e con allegria una morte dignitosa, che gli uomini eroici chiederebbero anche con preghiere. Allora il re, meravigliato per la loro forza d’animo, disse: “Vi chiedo se volete vivere non contrari a me, per la grazia del quale vivrete.” Essi risposero che non erano mai stati contrari a lui, ma che, obbligati alla guerra, erano diventati contrari al nemico: se qualcuno avesse privilegiato metterli alla prova con un atteggiamento amichevole piuttosto che ostile, avrebbero combattuto per non esser superati in generosità. E poiché gli chiese con quale pegno avrebbero assicurato la loro fedeltà, dissero che il pegno sarebbe stato la vita che ricevevano; e quando lui l’avesse richiesta, gliela avrebbero restituita. E non vennero meno a quanto promesso. Infatti, coloro che erano stati rimandati alle loro case, tennero a freno con lealtà i loro concittadini; quattro, reclutati tra le guardie del corpo, non furono inferiori a nessuno dei Macedoni nella devozione al re.

 

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