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De Senectute, Paragrafo 29

De Senectute, Paragrafo 29




An ne illas quidem  vires senectuti relinquemus, ut adulescentis doceat, instituat, ad omne offici munus instruat? Quo quidem opere quid potest  esse praeclarius? Mihi vero et Cn. et P. Scipiones et avi tui duo, L. Aemilius et P. Africanus, comitatu nobilium iuvenum  fortunati videbantur nec ulli bonarum artium magistri non beati putandi, quamvis consenuerint vires atque defecerint. Etsi ipsa  ista defectio virium adulescentiae vitiis efficitur saepius quam senectutis; libidinosa enim et intemperans adulescentia  effetum corpus tradit senectuti.




TRADUZIONE




O non vogliamo lasciare alla vecchiaia neppure forze sufficienti per istruire i giovani, per formarli e prepararli a tutti i compiti imposti dal dovere? Può esistere missione più nobile di questa? Davvero fortunati mi sembravano Cornelio e Publio Scipione, e i tuoi due nonni, Lucio Emilio e Publio Africano, per il loro séguito di giovani; e non c'è maestro di arti liberali che non sia da considerar felice nonostante il declino e il venir meno delle forze fisiche. Del resto, proprio questa defezione delle forze dipende più spesso dai vizi della giovinezza che dai difetti della vecchiaia: una giovinezza sfrenata e intemperante, infatti, consegna alla vecchiaia un corpo esaurito.

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