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De Senectute, Paragrafo 25

De Senectute, Paragrafo 25




Nec vero dubitat agricola, quamvis sit senex, quaerenti, cui serat respondere: 'Dis immortalibus, qui me  non accipere modo haec a maioribus voluerunt, sed etiam posteris prodere.' VIII. Et melius Caecilius de sene alteri saeclo  prospiciente quam illud idem: ‘Edepol, senectus, si nil quicquam aliud viti adportes tecum, cum advenis, unum id sat est,  quod diu vivendo multa, quae non volt, videt’et multa fortasse, quae volt; atque in ea, quae non volt, saepe etiam  adulescentia incurrit. Illud vero idem Caecilius vitiosius:‘Tum equidem in senecta hoc deputo miserrimum, sentire ea aetate  eumpse esse odiosum alteri.’



TRADUZIONE




L'agricoltore, in realtà, per quanto vecchio sia, se gli viene chiesto per chi pianta, non esita a rispondere: «Per gli dèi immortali, i quali vollero che non solo ricevessi tali doni dai miei antenati, ma li trasmettessi anche ai posteri.» E meglio si esprime Cecilio a proposito del vecchio che provvede alla generazione futura rispetto a quando dice: «Perdio, vecchiaia, se non portassi al tuo arrivo nessun altro male, questo solo basterebbe: vedere, vivendo a lungo, molte cose che non si vorrebbero.» e forse molte che si vorrebbero! Anzi, anche la giovinezza si imbatte spesso in quel che non vuole. Ma ecco un passo di Cecilio ancora peggiore: «Della vecchiezza questo reputo il male più grande: sentire che, da vecchi, si è odiosi agli altri.»

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